Io speriamo che me la cavo, anche questa estate
19 Luglio 2025 | Speciale Carceri
Non è un film, almeno nell’immediato, ma speriamo che qualcuno lo
faccia diventare, e neanche uno spettacolo teatrale perché il teatro in carcere
a fine giugno chiude. Purtroppo l’estate in carcere ha la solita pesante
programmazione: caldo asfissiante, cessazione di tutte le attività formative e
ricreative, riduzione del personale, lungaggini burocratiche oltremisura,
assenza di aria condizionata o ventilatori… Ogni anno lo stesso copione e anche
la pena rimane la stessa, anzi diventa più lunga perché il tempo non passa
davvero mai, qualche detenuto si suicida o esce fuori di testa. Sono anni che
si continua a parlare della grave situazione delle carceri italiane, ma ancora
non si è messo mano ad una vera e propria riforma del sistema penitenziario e
delle modalità di esecuzione della pena. Fiumi di parole sono state scritte al
riguardo , anzi direi alluvioni di trattati, studi, rapporti, rappresentazioni
artistiche, senza dimenticare inoltre i moniti di clemenza più volte espressi
da Papa Francesco, ribaditi anche da Papa Leone , su una nuova raffigurazione
dell’intero scenario del carcere che tenga conto dell’evoluzione dei tempi che
per il diritto penale sembra si siano fermati al 1800. Purtroppo tutte le voci
che si sprigionano attraverso i diversi social media non riescono a sortire
alcun effetto che porti qualche cambiamento positivo.
Tra le voci delle persone detenute che hanno avuto la possibilità di far pervenire all’esterno il loro disagio, troviamo quella di Gianni Alemanno,
ex primo cittadino romano e ex onorevole della nostra Repubblica, il quale nella sua lettera – denuncia(La politica dorme, con l’aria condizionata) del 29 giugno u.s. ben raffigura la situazione disumana e le scarse condizioni igienico sanitarie esistenti all’interno del Carcere di Rebibbia, smentendo totalmente la visione stellare del carcere riportata dai diversi media nazionali ed entrando nel dettaglio delle disfunzioni strutturali (caldo asfissiante in estate e freddo in inverno)e della carenza dei servizi(sanità, formazione, lavoro, ecc.) offerti dall’Istituto. Ed è proprio Alemanno che, durante gli anni del suo mandato politico, avrebbe voluto un carcere più duro ed inflessibile, oggi invece denuncia il sistema. E’ proprio vero che il carcere cambia le persone quando ci entrano da detenuti o lo frequentano come operatori, anche se a volte si può anche peggiorare e farsi prendere dalla rabbia e conseguente ordire un piano di vendetta. Spero proprio che Gianni Alemanno abbia compreso che l’uomo non è il suo errore e che il male è dietro l’angolo e può colpire tutti. Spero anche che proprio lui riesca ad incidere positivamente sulle forze politiche di cui anche lui è espressione, per un reale cambiamento di passo che necessita il sistema penitenziario italiano e tutta la giustizia.
E’
dal 1975 , quando nacque il primo Ordinamento Penitenziario post repubblicano,
dopo quello fascista del 1931, a cui seguì la Legge Gozzini del 1986, che non
si mette mano in modo organico e strutturale ad un cambiamento normativo
adeguato ai mutamenti sociali. Ci fu un tentativo pregevole nel 2015 , con
l’istituzione degli Stati Generali da parte dell’allora Ministro della
Giustizia Andrea Orlando, che induceva a sperare in una sostanziale modifica
del sistema di esecuzione della pena rivolto a dare puntuale applicazione al
contenuto di cui all’art.27 della nostra costituzione. Un tentativo che poteva
dar vita a quella svolta culturale e normativa necessaria a ridare umanità alla
pena, dignità e concreta speranza di reinserimento sociale alle persone detenute.
Un cambio di passo che modificava la visione carcerocentrica e
dava maggiore spazio alle misure alternative, alle attività formative e
lavorative e che considerava il carcere come ultima ratio.
Purtroppo
il grande impegno profuso dai numerosi e qualificati esperti facenti parte dei
18 tavoli di lavoro non ha trovato piena ed inequivocabile espressione
normativa, affidando il tutto a circolari e Ordinanze del DAP che spesso
diventano carta straccia .Quel magico momento purtroppo è svanito ed i vari
governi che si sono succeduti non sono riusciti a riprendere il filo del
dialogo interrotto tanto che oggi constatiamo una regressione della visione
politica che considera la repressione e carcerazione la soluzione alla
criminalità, tanto da aumentare il numero dei reati e l’elevazione delle pene ,
che non utilizza il dialogo con le parti sociali , a parte lo sforzo limitato e
poco concreto di cui alla recente Legge Nordio, nonché fortemente
contraddittorio, sull’ampliamento delle misure alternative alla detenzione(detenzione
domiciliare, affidamento in prova ai servizi sociali e servizi di
volontariato). Purtroppo , nonostante le varie rimostranze che da più parti si
levano, scioperi della fame ,comunicati stampa, interpelli ecc. tra cui anche i
ripetuti rilievi nei confronti dell’Italia dal Consiglio d’Europa, anche
nell’ultimo rapporto, c’è il fermo totale a livello politico, non ci sono gli
investimenti necessari in risorse umane, con una totale omissione di atti
normativi ed amministrativi che non preoccupano nessuno degli addetti ,per cui
il sistema è totalmente inibito, senza più prospettive o visioni future di
avanzamento in termini di ricaduta sociale.
Ad oggi ci sono circa sessantunomila persone detenute in carcere , di cui circa 10.000 in attesa di giudizio, 16.000 circa che devono scontare una pena sotto i due anni, contro una capienza max di circa 52.000 persone che potrebbero essere accolte nei 190 istituti di pena, 37 suicidi ad oggi. L’inasprimento delle pene non ha certo portato ad una diminuzione dei reati, anzi c’è stato un incremento annuale dei reati e della recidiva. Nessun atto di clemenza all’orizzonte, nessun sostegno concreto alla popolazione detenuta, soprattutto a coloro che non hanno appoggi familiari o risorse economiche dall’esterno tanto da rendere meno pesante il periodo detentivo(mail, pacchi di beni alimentari e di vestiario, colloqui con i familiari, ecc.), incrementando pertanto la marginalità sociale. Non rimane che appellarsi al fato , alle anime buone dei volontari, alla giustizia divina, e ripetere “ Io speriamo che me la cavo, anche questa estate”.