sabato 30 marzo 2019

NESSUNO DEVE RIMANERE INDIETRO - Presentazione ad Amelia del libro di Suor Emma Zordan




NESSUNO DEVE RIMANERE INDIETRO
di Maria Teresa Caccavale

Ad Amelia, un luogo che ci riporta indietro nel tempo……un luogo ricco  di storia  e di arte, dove lo spirito si libera e si ritrova.









Eccoci di nuovo qui amici, con le nostre riflessioni e le nostre testimonianze sul mondo degli invisibili, degli ultimi, dello scarto umano. Sabato 30 marzo in Umbria e precisamente nella bella cittadina di Amelia (Tr), presso la Biblioteca Comunale, si è tenuto il primo incontro del progetto con il quale intendiamo  esportare all'esterno le testimonianze degli ospiti delle carceri italiane. Testimonianze raccolte nei diversi libri che ogni anno vengono pubblicati per concorrere a rendere più consapevoli i cittadini sulle dinamiche, purtroppo ancora arretrate, del sistema carcerario italiano, sul senso del Carcere oggi e sulle modalità di estinzione della pena. Soprattutto sugli stati d’animo di questa parte di umanità che difficilmente viene ascoltata. Un progetto nato dal comune sentire di due persone che, sebbene con vesti diverse, parlano la stessa lingua.  Una suora ed una laica, Suor Emma Zordan, della Congregazione delle adoratrici del Sangue di Cristo, e la sottoscritta con esperienza quasi trentennale di docenza in Carcere ed anche di volontariato. Suor Emma non mi ha mai domandato se fossi cattolica, ha solamente osservato il mio lavoro, senza chiedermi niente. Ci siamo ritrovate insieme a comprendere, a non giudicare, a sostenere, e così spontaneamente abbiamo capito che potevamo unire le nostre forze per aiutare i nostri fratelli detenuti ad uscire dal baratro, a ritrovare un po' di autostima, ad evitare il suicidio in qualche occasione. La maggior parte delle persone si limita a giudicare i fatti così come vengono rappresentati dai vari mass media, elaborando i pensieri più crudeli e vendicativi nei confronti di chi si è macchiato di crimini più o meno gravi, o di chi non ha voce né mezzi per difendersi. Proprio come successe ad Amelia a Sesto Roscio di Ameria (ora Amelia) accusato ingiustamente di parricidio nel 79 a.C. e di cui Cicerone assunse la difesa, vincendo la causa. I recenti avvenimenti ci danno conferma che l’unica nostra preoccupazione è quella della incolumità fisica e della conservazione dei nostri beni. Ma in tale contesto, siamo veramente liberi?  E chi sono i veri colpevoli, quando la vittima diventa carnefice? Siamo veramente liberi di scegliere il nostro destino? C’è una verità assoluta? Chi giudica è assolutamente imparziale e senza peccato? Molte domande ed altrettante risposte, ma la verità assoluta non esiste, ed ecco perché ci dobbiamo spingere oltre gli schemi, i giudizi ed i pregiudizi. 


Parlare di carcere non è facile, anzi direi scomodo e pesante, perché le persone pensano che sia una realtà di cui si debba occupare lo Stato con regole dure e repressive, perché in Carcere ci sono dei mostri, dei soggetti che non hanno diritti. Invece il Carcere è una realtà che appartiene a tutti, perché tutti siamo imperfetti, e passibili di sanzione, soprattutto le persone più fragili e sfortunate. Persone delle quali ci dobbiamo prendere cura, come si fa con un figlio, un genitore, un amico. Perché accanto al bene c’è anche il male e perché proprio attraverso gli ultimi riusciamo a diventare primi, come ci aveva già sapientemente ricordato il Cardinale Petrocchi nell’ ultimo incontro a Rebibbia, in occasione della presentazione del Libro “La Paura della Libertà”.



La parabola del figliol prodigo ce lo insegna. È facile fare festa per i bravi, mentre è per quelli che ritornano, che si redimono, che ammettono le loro colpe, che dobbiamo esultare. Un maestro si deve preoccupare dei più deboli, che hanno minori capacità, non di quelli più intelligenti. In Italia ci sono circa 60.000 detenuti, il 70% dei quali potrebbe essere occupato in attività lavorative di diverso genere. Dai lavori di pubblica utilità alla manutenzione degli stabili pubblici, pulizia dei giardini, servizi sociali. Lavori attraverso i quali sarebbe possibile il vero reinserimento sociale e la possibilità di riscatto. Purtroppo tutto ciò è difficilissimo perché ci sono infiniti muri da superare, soprattutto quelli burocratici e mentali.



Ringrazio l'UNITRE di Amelia per questa occasione e per le opportunità di riflessione e apprendimento non formale che offre gratuitamente a tutti , e anche l’Amministrazione del Comune di Amelia che mette a disposizione gli spazi necessari per la realizzazione degli eventi e per la
 disponibilità e sensibilità mostrata nei confronti delle tematiche affrontate, sperando che si possano  trovare opportunità di reinserimento ed accoglienza per ex detenuti anche nel territorio Amerino, così come è avvenuto per altre categorie svantaggiate . Grazie ai cittadini amerini che hanno assistito alla presentazione del IV Libro curato da Suor Emma  “La paura della Libertà” ,per l'interesse manifestato e per la partecipazione empatica. Grazie a Laura Grasso, Riccardo Cioschi, Antonella Pacifico e alle sorelle della Congregazione delle Adoratrici del sangue di Cristo che ci seguono in questa avventura. Un ringraziamento speciale al mio ex alunno Massimo, già ospite della Casa di Reclusione di Rebibbia, per il coraggio e la volontà di testimoniare dal vivo, anche con tono ironico, l’esperienza del carcere.Otto anni di carcere, di cui cinque spesi a studiare, conseguendo il diploma di tecnico dei servizi commerciali e turistici e poi, come premio di condotta, un viaggio interminabile e inquieto dalla cella alla metropolitana di Roma in occasione del primo giorno di lavoro gratuito per la città del Vaticano.



Grazie anche a tutti gli autori che hanno scritto i testi contenuti nel Libro “La paura della Libertà” ed accettato questa ulteriore sfida di Suor Emma.
“Ci sono libri da leggere in estate sotto l’ombra di un ombrellone, oppure d’inverno al tiepido calore del caminetto. Quello che si leggerà in questo libro sono racconti racchiusi in una antologia, che faranno riflettere le coscienze di coloro che non riescono ad immaginare il mondo della porta accanto. In questi racconti si sprigionano i sentimenti di uomini apparentemente forti, ma nello stesso tempo anche fragili, come le gocce dei cristalli.”(recensione di Giuseppe Medile)
Il nostro progetto si rivolge a tutti perché come diceva Giorgio Gaber La Libertà non è uno spazio libero, ma è partecipazione. Seguiteci in questa battaglia perché nessuno deve rimanere indietro.
Per adesioni al progetto potete scrivere alle seguenti e-mail:

Esportare la realtà del carcere - Suor E. Zordam - Prof. Maria Teresa Caccavale


PROGETTO  
Esportare la realtà del carcere


Il passo dall’idea al progetto è tanto breve quanto critico. Dale Carnegie ha detto: «Noi tutti possiamo fare cose che nemmeno pensiamo di poter riuscire a fare. Ma se mai rischierai, mai conoscerai il tuo potenziale». Rischiare non significa buttarsi a capofitto ma avere la lucidità di valutare ogni idea e sapervi cogliere i primi cenni di un progetto.

Un progetto non nasce a tavolino. Nasce da un desiderio di dare risposta a un bisogno. Il mio entrare nel carcere di Rebibbia non è stato né facile, né semplice. Sono entrata in punta di piedi con il cuore che mi batteva. Subito sono rimasta colpita dai volti che mi sono apparsi tristi, smunti, appassiti. Questo mi ha provocato una fitta al cuore. La molla è stata osservare un giovane, dal volto assente, triste non interessato a niente. Qui è iniziato da parte mia un ascolto attento, silenzioso, un entrare nelle ferite di ciascuno, nel comprendere il dolore, la solitudine, nell’entrare in empatia con il peso degli anni da scontare, la tristezza per la lontananza dalla propria famiglia. Passo dopo passo, ho pensato che tutto questo mondo potesse entrare in un libro. E’ nato il Concorso Letterario che attualmente è arrivato alla quinta edizione. Ma come far conoscere questo mondo ai più sconosciuto, guardato con sospetto, ghettizzato, emarginato, giudicato?

E’ nata così l’idea di esportare un’esperienza di anni vissuti accanto a tanti detenuti di varia estrazione sociale, di culture e provenienze diverse, cattolici e non, di farla entrare nelle case e nei cuori, di farla accogliere e condividere.

Ecco allora che ASC, CPPS e laici insieme si offrono a far conoscere, tra il popolo di Dio, per mezzo di parrocchie, associazioni, scuole, istituzioni varie, il mondo carcerario in tutte le sue sfaccettature. Il carcere non si riflette solamente nelle persone che ci vivono o che ci lavorano, ma riguarda tutti perché mette in luce le fragilità umane e le sue conseguenze.


Per la prima esperienza, ci troveremo ad Amelia, nell’Umbria, presso la Biblioteca Comunale L. Lama alla presenza di UNITRE (Università delle tre età) con il dottor Edoardo D’Angelo, la Prof. Maria Teresa Caccavale, autorità e gente del luogo.

Chiunque abbia intenzione di approcciarsi a questa realtà è inviato a unirsi a questo progetto, poiché la partecipazione di più figure, oltre a coprire più aree di intervento, diventerebbe testimonianza di una Chiesa in uscita, cara a Papa Francesco.