martedì 24 giugno 2025

HAPPY BRIDGE PRESENTA IL LIBRO: "PASSO DOPO PASSO"

 

Presentiamo il libro "PASSO DOPO PASSO"



L’atto del camminare. Un gesto così semplice, così quotidiano, eppure intriso di un’eco millenaria, capace di risuonare nelle profondità dell’animo umano Questo volume, frutto della collaborazione tra le menti creative che si celano dietro i laboratori di scrittura guidati da me e da Suor Rita Del Grosso, si configura come un’esplorazione polifonica e caleidoscopica del concetto di "cammino". Non si tratta, qui, di una semplice raccolta di resoconti di viaggi fisici, ma di un’immersione profonda nell'archetipo del percorso come metafora dell'esistenza umana. L’opera, nata dall'urgenza di condividere esperienze personali e collettive, si inserisce in un contesto di rinnovato interesse per il tema, non a caso sottolineato dall'appello di Papa Francesco a divenire "pellegrini in cammino per portare pace e speranza nel mondo".



           👉👉Fai click qui per guardare il video della presentazione👈👈


La scelta di questo tema, lungi dall'essere casuale, affonda le proprie radici in una comprensione sempre più nitida della condizione umana: un perpetuo stato di movimento, di ricerca, di transizione. L'essere umano, in fondo, non è che un viandante che si interroga sul significato del suo percorso, un naufrago in cerca di una terra promessa, un'anima desiderosa di trascendere i propri limiti. Da questa consapevolezza emerge la necessità di un'antologia che, attraverso le voci molteplici di autori provenienti da ambiti ed esperienze eterogenei, offra un quadro articolato e stimolante sulla natura del cammino.

Il cuore pulsante di questo libro è rappresentato dalla varietà di prospettive offerte. Si passa dalle narrazioni di celebri pellegrinaggi, come il Cammino di Santiago e quello di San Francesco, a racconti di viaggi interiori, spesso intrapresi in contesti di estrema difficoltà, come il carcere. Le storie dei detenuti, in particolare, ci svelano come il cammino possa assumere forme inaspettate, come la ricerca della redenzione e della riabilitazione in spazi angusti e limitati. L’amore familiare, la fede, la speranza e l’incontro con Dio, si rivelano come forze propulsive che conducono al rinnovamento.

L'approccio spirituale, in questo contesto, non è visto come un'opzione esoterica, bensì come un'esigenza profonda, un bisogno di orientamento in un'esistenza che spesso appare labirintica. . Le grandi tradizioni spirituali, dal pellegrinaggio dei fedeli verso luoghi sacri al cammino interiore verso la conoscenza di sé, ci mostrano come l’atto del camminare possa essere elevato a pratica di purificazione, di trasformazione, di riconnessione con il sacro. Il cammino, in questo senso, diviene via crucis e via lucis, percorso di penitenza e al tempo stesso di illuminazione, di discesa negli abissi dell'anima e di ascesa verso vette spirituali.

  Il cammino, in tal senso, diviene metafora dell'incontro con il sé autentico, con la propria parte divina, un processo di auto-trascendenza che si realizza attraverso un percorso di consapevolezza e di continua evoluzione. In questa prospettiva, l'atto stesso di camminare assume una valenza sacra, un'opportunità per riscoprire il senso profondo della propria esistenza, un modo per svelare la verità che si cela nel cuore dell'essere.

Il libro, tuttavia, non si limita all'indagine teoretica e spirituale del cammino. Le storie di migranti che intraprendono viaggi impervi per sfuggire a condizioni di vita insostenibili ci riportano bruscamente alla realtà concreta, alle sofferenze e alle difficoltà del vivere. In questi racconti, il cammino non è più una scelta volontaria, ma un'esigenza impellente, una forma di resistenza alla disperazione, un atto di coraggio che dimostra la resilienza dello spirito umano. Le loro voci ci ricordano che l’esperienza del cammino è un’esperienza condivisa, che unisce persone diverse in un destino comune. Attraverso le narrazioni di tutti questi "viaggiatori", impariamo che la meta non è solo un luogo fisico, ma anche e soprattutto uno stato interiore.

"Il cammin di nostra vita", come lo definisce Dante, è un percorso che ci trasforma, che ci obbliga a misurarci con le nostre paure e i nostri limiti, che ci spinge a superare le nostre pigrizie. Non è un caso che, durante il cammino, spesso ci sentiamo cambiati, più consapevoli, più liberi, più in sintonia con il mondo. Ciò ci svela la “magia del cammino”, una dinamica trasformativa che ci conduce verso un’esistenza più autentica. L'atto stesso di liberare i pesi fisici e psichici, di viaggiare leggeri, di osservare il mondo, di ascoltare il silenzio della natura, ci aiuta a riscoprire le cose semplici della vita.

Da un punto di vista filosofico, il cammino si configura come un logos in movimento, un dialogo costante tra il soggetto e il mondo. Non è un caso che i grandi pensatori del passato, da Eraclito con il suo panta rei al viandante nietzschiano, abbiano fatto del movimento e della ricerca un elemento cardine della loro riflessione. Camminare è un atto che ci riporta alla nostra condizione di essere-nel-mondo, di esseri finiti e limitati, ma al contempo dotati di una capacità inesauribile di trascendere i nostri confini. Ogni passo, allora, diviene una domanda, una ricerca di senso, un tentativo di cogliere l'inafferrabile essenza della nostra esistenza.

In definitiva, questo libro è un invito a intraprendere un cammino – che sia esso fisico, spirituale, interiore – un percorso che ci condurrà verso una maggiore comprensione di noi stessi e del mondo che ci circonda. Attraverso le testimonianze di chi ha scelto di condividere la sua esperienza, impariamo che non siamo soli nel nostro cammino, che siamo tutti viandanti in cerca di un significato, tutti pellegrini verso una méta che, spesso, si rivela essere un nuovo punto di partenza.

L'antologia si offre, pertanto, come uno strumento di riflessione e di crescita personale. Non si tratta, qui, di trovare delle risposte definitive, ma di alimentare il nostro desiderio di ricerca, di non aver paura di interrogarci sul senso del nostro cammino. Ciò che conta, alla fine, non è la meta, ma il processo, il cammino stesso. È durante il percorso che ci sveliamo a noi stessi, che impariamo ad amare la vita in tutta la sua complessità, che ci liberiamo dalle catene che ci imprigionano. Questo libro è un invito a “camminare la propria vita” consapevolmente, con coraggio, con speranza e, soprattutto, con gratitudine.

Maria Teresa Caccavale

lunedì 23 giugno 2025

MANIFESTAZIONE PACIFICA A ROMA PER LA SENSIBILIZZAZIONE SULLE CONDIZIONI CARCERARIE

 

24 Settembre 2024

Ieri Camminando verso piazza San Pietro, la nostra manifestazione pacifica per sensibilizzare l'opinione pubblica sulla grave situazione delle carceri che da anni si protrae inesorabilmente sotto gli occhi di tutti. Non si può continuare a morire per pena, non ci si può continuare a girare dall'altra parte, a dire che bisogna buttare le chiavi.



 

Chi è Senza peccato scagli la prima pietra!! Ma quante persone girano tranquillamente impunite!! E' il tessuto sociale che genera i crimini, ed è il tessuto sociale che deve farsene carico insieme allo Stato. La remissione dei peccati così come quella dei debiti è un dovere morale dell'uomo. Le carceri scoppiano, e non solo per mancanza di spazi, ma di tutto ciò che serve per una vera ed efficace rieducazione ed un futuro reinserimento sociale.72 suicidi ad oggi, tra i quali anche quelli del personale di sorveglianza, ragazzi giovani abbandonati a loro stessi. L'amnistia e l'indulto potrebbero colmare temporaneamente le numerose carenze strutturali che rendono inumane le carceri italiane, in attesa di una vera e propria riforma. E' un atto di clemenza che si può applicare in situazioni speciali, non è un "libera tutti". L'ultima amnistia in Italia risale al 1990. Tra le persone presenti un Signore di 96 anni che ha camminato con noi , dimostrando che il senso civico non ha età. Grazie anche a Papa Francesco che ha sostenuto con fermezza la nostra campagna di sensibilizzazione. Grazie a Sbarre di Zucchero per l'organizzazione dell'evento, e a tutti i presenti tra cui noi di HAPPY Bridge sempre vicini agli ultimi.❤️❤️

LA MIA ESPERIENZA COME DOCENTE IN CARCERE

 




CONVEGNO ANNUALE DEL CNEL PER PROGETTO "RECIDIVA ZERO"

 Ieri a Roma presso la Scuola di Formazione della Polizia Penitenziaria si è tenuto il Convegno annuale organizzato dal CNEL in ordine al progetto RECIDIVA ZERO, promosso dal Presidente Brunetta. Presenti i Ministri Nordio e Calderone , il sottosegretario Ostellari, e tanti rappresentanti del DAP, del ministero del Lavoro, docenti universitari, Il Garante Nazionale, diversi Garanti comunali e Regionali, esperti giuristi, ecc. 



Un incontro che ha ben esplicitato il percorso fino ad oggi intrapreso da Recidiva Zero in ordine alle iniziative intraprese e da intraprendere per ampliare le attività lavorative e formative all'interno delle carceri e conseguentemente per dare concretezza al reinserimento sociale delle persone detenute al termine della pena. Uno sguardo più ampio sul significato della pena, che va oltre la retribuzione o la quantificazione della condanna , ma vede nella responsabilità individuale e collettiva la possibilità di realizzazione di una pena sostenibile. 






Un orizzonte non ancora facilmente attuabile ma che vede l'inizio di un percorso e soprattutto una presa di coscienza di tutta la collettività. Tanti giovani allievi della Polizia Penitenziaria che fanno ben sperare in un cambio di passo dell'attuale sistema carcerario. Noi di HAPPY BRIDGE sempre presenti per apportare il nostro contributo al cambiamento concreto che consenta a tutti di non sentirsi esclusi, o emarginati .

martedì 17 giugno 2025

RIMEDI AL SOVRAFFOLLAMENTO CARCERARIO

 

I RIMEDI AL SOVRAFFOLLAMENTO CARCERARIO E AD UN SISTEMA PENALE ANCORA CARCERO-CENTRICO: ALLA RICERCA DI SANZIONI TOTALMENTE DIVERSE DA QUELLE PRIVATIVE DELLA LIBERTÀ PERSONALE, IN UNA PROSPETTIVA COMPARATISTICA – DI ADELMO MANNA




MANNA-I RIMEDI AL SOVRAFFOLLAMENTO CARCERARIO E AD UN SISTEMA PENALE ANCORA CARCERO-CENTRICO.pdf

I RIMEDI AL SOVRAFFOLLAMENTO CARCERARIO E AD UN SISTEMA PENALE ANCORA CARCERO-CENTRICO: ALLA RICERCA DI SANZIONI TOTALMENTE DIVERSE DA QUELLE PRIVATIVE DELLA LIBERTÀ PERSONALE, IN UNA PROSPETTIVA COMPARATISTICA (*)

di Adelmo Manna**

SOMMARIO: 1. Sovraffollamento carcerario e suicidi in carcere: la risposta del D.L. Nordio; 2. I rimedi: la liberazione anticipata speciale e l’amnistia e l’indulto; 3. La sostituzione dell’ergastolo, semplice ed ostativo, con la reclusione sino a trent’anni; 4. La prospettiva comparatistica: a) la pena pecuniaria a tassi giornalieri; b) le sanzioni interdittive come pene principali; c) le sanzioni risarcitorie; d) le pene prescrittive; e) le shame sanctions; 5. I limiti della giustizia riparativa; 6. Conclusioni.

1. Il sovraffollamento carcerario è ormai diventato praticamente fuori controllo, giacché da una capienza di 47 mila e 300 unità si è raggiunto un numero di detenuti assai maggiore, e cioè 61 mila 480. Naturalmente sono purtroppo aumentate anche le persone che si sono suicidate in carcere perché, ad esempio, da gennaio 2024 ad oggi sono 70 le persone suicide, di cui uno all’interno del CPR di Ponte Galeria, cui è doveroso aggiungere 6 agenti di polizia penitenziaria, che nello stesso arco di tempo, hanno deciso di togliersi la vita[1].



Ciò dimostra ulteriormente come il carcere costituisca una c.d. istituzione “totale”, per dirla con Michel Foucault[2], nel senso di un luogo dove il soggetto viene rinchiuso per un determinato periodo di tempo, a scopi esclusivamente custodiali, sia laddove sia stato condannato per un reato per cui è prevista la reclusione, o anche la custodia cautelare in carcere, sia laddove sia stato diagnosticato infermo di mente e socialmente pericoloso, per cui invece la destinazione è stata sino al 1978 quella del manicomio, che originariamente era disciplinato dalla legge del 1904, in base alla quale si veniva rinchiusi se si mostrava di essere “pericolosi per sé o per altri”. Attualmente, dopo la legge del 1978, è previsto un trattamento sanitario obbligatorio per l’infermo di mente, ma soltanto nel limite massimo di 10 giorni, trascorsi i quali il soggetto può essere ricoverato nei centri di salute mentale, ma soltanto in base al suo consenso.

Se, quindi, questa è la situazione attuale del carcere, sembrerebbe logico auspicarne l’abolizione totale come, ad es., sostiene l’Associazione “Nessuno tocchi Caino”, gestita da Sergio d’Elia ed Elisabetta Zamparutti, che ha come presidente onorario il collega Tullio Padovani.

Nonostante l’autorevolezza del suo Presidente, è evidente come l’Associazione in questione, essendo una filiazione del Partito Radicale ed in particolare del compianto Marco Pannella, ne ha ereditato le tesi più estreme, con la consapevolezza, però, che il sostenerle non è detto che comporti anche la loro concreta realizzazione. Risulta, infatti, assai difficile fare a meno della pena detentiva per alcune categorie di criminalità, ovverosia quella organizzata, nonché quella di carattere terroristico, cui, a nostro giudizio, va anche aggiunta la commissione di gravi reati di sangue come, in particolare, ad es., gli omicidi volontari e le violenze sessuali. Ciò nonostante, il legislatore ha progressivamente “aperto” le porte del carcere, in primo luogo con l’introduzione nel 1975 delle misure alternative alla detenzione, come l’affidamento in prova al servizio sociale, la semilibertà, la liberazione anticipata ed i c.d. permessi premio[3]. Ad esse seguirono, nel 1981, le sanzioni sostitutive delle pene detentive brevi, che secondo taluni avrebbero una funzione prevalentemente di prevenzione generale[4], mentre noi siamo dell’avviso che anche per tali tipo di sanzioni prevalga la prevenzione speciale. Ad ogni modo, le singole sanzioni sostitutive sono costituite dalla semidetenzione, dalla libertà controllata e dalla pena pecuniaria, prevista questa volta non come pena principale, bensì come sanzione sostitutiva.

Nel 1986 fece seguito la c.d. riforma Gozzini che introdusse la detenzione domiciliare, i permessi premio, la liberazione anticipata, nonché ulteriori modifiche soprattutto alle misure alternative alla detenzione. Dopo la riforma Gozzini, succedette tutta una serie di leggi, che ora sarebbe troppo oneroso in questa sede descrivere partitamente, ma che comunque hanno avuto sempre la funzione di alleviare la pena detentiva attraverso vari sistemi alternativi e/o sostitutivi[5], ma, in definitiva, il sistema penale italiano risulta ancora di carattere essenzialmente carcero-centrico, se si eccettua la recentissima giustizia riparativa, di cui alla riforma Cartabia, che però presenta luci ed ombre e, soprattutto, non risulta ancora effettivamente implementata[6].

Va considerato, da ultimo, anche il decreto legge n. 92 del 4 luglio 2024, Misure urgenti in materia penitenziaria, di giustizia civile e penale e di personale del Ministero della giustizia, in G.U., n. 155 del 4-7-2024, denominato anche “Carcere sicuro”, dell’attuale Ministro della Giustizia, on. Carlo Nordio, che si caratterizza per le seguenti disposizioni: l’art. 1 si occupa dell’assunzione di 1000 unità del corpo di polizia penitenziaria, mentre l’art. 2 ha ad oggetto l’assunzione di dirigenti penitenziari; l’art. 3, invece, contiene disposizioni in materia di scorrimento delle graduatorie per posti di vice commissario e vice ispettore di polizia penitenziaria e, da ultimo, l’art. 4 ha ad oggetto: disposizioni in materia di formazione degli agenti di polizia penitenziaria. Ciò sta a significare che per l’attuale Ministro della Giustizia ha un’urgenza prioritaria l’aumento del numero degli agenti e della loro formazione e solo in un secondo momento, infatti nel capo II, ci si occupa delle misure in materia penitenziaria. A questo proposito, l’art. 5 ha ad oggetto interventi in materia di liberazione anticipata, che si occupano, però, prevalentemente della modifica dell’art. 69 bis della l. 26.7.75 n. 354 e, cioè, del procedimento in materia di liberazione anticipata, anche perché, come constateremo, la proposta legislativa di innalzare da 45 a 75 giorni lo sconto di pena per la liberazione anticipata è stata bocciata dall’attuale Governo. L’art. 6 del decreto legge si occupa, infine, degli interventi in materia di corrispondenza telefonica dei soggetti sottoposti al trattamento penitenziario e all’art. 7 le modifiche al 41 bis della legge 354 del 1975. Probabilmente, la norma più interessante e innovativa riguarda il successivo art. 8 che infatti ha ad oggetto: “Disposizioni in materia di strutture residenziali per l’accoglienza e il reinserimento sociale dei detenuti”. Seguono, infine, la disposizione che introduce il nuovo delitto di “Indebita destinazione di denaro o cose mobili”, nel nuovo art. 314 bis c.p., nonché alcune modiche al codice di procedura penale “per l’efficienza del procedimento stesso e per la semplificazione in materia di misure alternative”[7].

2. Stabilito quanto sopra dobbiamo ora cominciare ad individuare dei rimedi che evitino il perdurare di tale situazione carceraria, il cui numero è abbondantemente oltre il consentito nonché i suicidi in carcere, essendo però anche consapevoli come sia necessario uscire dalla spirale carcero-centrica, che, ad onta delle migliori intenzioni, abbiamo potuto sinora constatare come non riesca a risolvere tale drammatica situazione e tanto meno è in grado, per le ragioni sinora indicate, anche il decreto legge Nordio, che si sarebbe dovuto occupare proprio di tale questione. Il primo tentativo di alleviare la condizione carceraria in quest’ultimo periodo consiste nella proposta di modifica della liberazione anticipata, introducendo la c.d. liberazione anticipata speciale, che porta ad uno sconto di pena da 45 a 75 giorni, proposta, in particolare, dall’on. Rita Bernardini, con encomiabili scioperi della fame ed ora anche della sete, assieme all’on. Ciccardini. Non vi è dubbio che tale rimedio, laddove fosse definitivamente varato, potrebbe fornire un aiuto, ma non più di tanto, perché è evidente che il problema è molto più vasto del rimedio che si propone.

Ad ogni buon conto, come abbiamo in precedenza accennato, l’attuale Governo e quindi la maggioranza politico-parlamentare ha definitivamente bloccato tale rimedio, evidentemente ritenuto in contrasto con quella tendenza populistico-sicuritaria che purtroppo caratterizza da tempo la politica criminale del Governo di destra-centro. Per fortuna, però, ci ha pensato la Corte costituzionale nel 2024[8] a favorire il diritto all’affettività e ai colloqui riservati dei detenuti, già previsti nel regolamento carcerario del 2000, ma sempre con la presenza di una guardia carceraria, che invece è stata giustamente eliminata dall’intervento della stessa Corte costituzionale, per rendere lo stesso diritto all’affettività concretamente esercitabile al di fuori di “occhi indiscreti”.

Altro rimedio, di assai più ampia portata, che molti suggeriscono, come, ad esempio, Luigi Manconi[9] e Paola Balducci[10], è quello di varare un provvedimento di amnistia e /o indulto che infatti sicuramente sarebbe un rimedio assai più rilevante rispetto al precedente, come sostiene anche Giuseppe Amarelli con riferimento, in particolare, all’indulto[11].

Tale prospettiva, però, presenta a nostro avviso, un ostacolo che rende la sua realizzazione assai difficoltosa. Trattasi della modifica dell’art. 79 Cost., effettuata con l’art. 1 della l. Cost. 6 marzo 1992 n. 1, che ha aumentato la maggioranza richiesta per il varo di tali provvedimenti clemenziali, che infatti in precedenza venivano notoriamente varati molto frequentemente e soprattutto ad ogni cambio di Governo che, la storia repubblicana insegna, avvenivano altrettanto frequentemente, in quanto la maggioranza richiesta era assai inferiore. Per tale ragione dal 1992 l’amnistia e l’indulto sono concessi con legge deliberata “a maggioranza dei due terzi dei componenti di ciascuna Camera, in ogni suo articolo e nella votazione finale”.

Tanto ciò è vero che l’ultimo provvedimento di amnistia riguarda reati commessi entro il 24 ottobre del 1990, mentre l’indulto si ottenne a metà degli anni 2000, ma essenzialmente perché intervenne personalmente in Parlamento addirittura il Santo Padre, Papa San Giovanni Paolo II. Il rimedio in analisi appare quindi purtroppo allo stato non di pratica fattibilità, in quanto attualmente siamo in presenza di due formazioni politiche contrapposte, l’una di Governo e l’altra di opposizione, che proprio per tale caratteristica ben difficilmente troveranno un accordo per ottenere la già ricordata maggioranza qualificata dei due terzi delle assemblee parlamentari.

3. Riteniamo, viceversa, che in materia possa essere estremamente utile il panorama comparatistico, dal quale ricavare soluzioni alternative all’attuale sistema penale carcero-centrico. In primo luogo appare opportuno esaminare non solo la legittimità costituzionale dell’ergastolo e, a maggior ragione, dell’ergastolo ostativo, ma anche e soprattutto se a livello europeo non vi siano alternative praticabili rispetto alla pena perpetua, che già ictu oculi si pone in contrasto con l’art. 27, 3° comma, Costituzione, sia sotto il profilo della umanità della pena, sia sotto quello della tendenza della stessa alla rieducazione/risocializzazione, giacché risulta addirittura intuitivo il quesito di quale senso abbia la rieducazione di un soggetto, la cui pena della reclusione è perpetua.

Tuttavia la questione non è di così facile risoluzione, in quanto l’orientamento della Corte costituzionale ed anche di parte della dottrina ha risentito della c.d. concezione polifunzionale della pena stessa, il cui principale assertore è stato Giuliano Vassalli[12], in base alla quale la pena avrebbe una natura essenzialmente retributiva ma svolgerebbe anche le funzioni di prevenzione generale e di prevenzione speciale. Tale impostazione, che è stata giustamente criticata da Giovanni Fiandaca, in quanto definita di carattere “compromissorio”[13], ha tuttavia notevolmente condizionato la giurisprudenza della Corte costituzionale, che ovviamente in tale prospettiva non ha ritenuto di dichiarare illegittimo l’ergastolo. Un altro argomento, tuttavia, è stato anche utilizzato e cioè quello della “liberazione condizionale”[14], come strumento giuridico che consente di evitare la perpetuità della pena, ex art. 176, comma 3°, c.p., laddove il condannato, che abbia tenuto un comportamento tale da far ritenere sicuro il suo ravvedimento, abbia scontato almeno 26 anni di pena. Ciò infatti spiega perché anche di recente la Suprema Corte di cassazione abbia ritenuto come la disciplina dell’esecuzione consenta di escludere in concreto la perpetuità della pena[15]. L’utilizzazione, tuttavia, dell’istituto della liberazione condizionale, come strumento per non rendere perpetua la pena dell’ergastolo e quindi salvarla dalle “forche caudine” dell’art. 27, 3° comma, Cost., appare frutto di un’argomentazione non condivisibile, giacché si salva la pena perpetua non ex se, bensì attraverso un istituto “esterno”, che, fra l’altro, non sempre ovviamente viene applicato, perché il soggetto può non aver tenuto un comportamento tale da far ritenere sicuro il suo ravvedimento. In tale ultima evenienza, quindi, l’ergastolo rimarrà inevitabilmente ciò che il grande Alessandro Margara definiva il “fine pena mai”, e quindi in tale evenienza il contrasto con l’art. 27, 3° comma, Cost., diventa difficile da negare.

La Corte costituzionale, quindi, ha continuato nel suo orientamento, per cui, anche al fine di non adottare un approccio eccessivamente analitico, ci permettiamo di rinviare ad una interessante opera del collega Davide Galliani, che da par suo analizza tutte tali problematiche, comprensiva anche dell’ergastolo ostativo[16].

Quanto a quest’ultimo tipo di ergastolo, assai più severo del primo, riguarda infatti i reati di cui agli artt. 4 bis e 41 bis dell’ordinamento penitenziario, in base ai quali non sono consentite misure alternative alla detenzione e l’ergastolano può beneficiare della liberazione condizionale dopo ben trent’anni di carcere, laddove però abbia utilmente collaborato con l’autorità inquirente, naturalmente con tutti i rischi per l’incolumità propria e dei familiari che notoriamente la collaborazione processuale comporta e che induce le autorità inquirenti a spostare il detenuto, con una forma di detenzione extra muraria, onde evitare in carcere vendette trasversali, in una località segreta, ove andrebbe a vivere assieme alla sua famiglia sempre scortato dalla polizia.

Orbene, anche se tra i reati ostativi sono stati eliminati i delitti dei p.u. contro la p.A., l’ergastolo ostativo a maggior ragione suscita notevoli perplessità di ordine costituzionale, ma tuttavia la Corte costituzionale stessa non l’ha mai dichiarato costituzionalmente illegittimo, proprio perché nel nostro Paese esiste la criminalità organizzata nelle sue varie forme che costituisce il vero ostacolo alla abolizione dell’ergastolo e, a maggior ragione, dell’ergastolo ostativo. In tal modo, però, il diritto penale relativo alla criminalità organizzata rischia di diventare quello che un grande, anche se discusso, giurista tedesco ha definito il “diritto penale del nemico”. In tale prospettiva tale forma di diritto penale si caratterizzerebbe quindi non solo per un aumento delle forme penalistiche di “atteggiamento interiore”, ma anche per un aumento notevole dei casi di pericolosità sociale e, soprattutto, di aumento dei limiti della pena detentiva[17].

Ciò spiega la ragione per cui i progetti di riforma del codice penale, l’uno della Commissione presieduta dal compianto prof. Carlo Federico Grosso, e l’altro dall’on. avv. Giuliano Pisapia, entrambi avevano sostituito l’ergastolo con una pena massima della reclusione sino a trent’anni, ma in entrambi i casi i ministri della Giustizia in carica si rifiutarono di approvare sul punto la sostituzione dell’ergastolo evidentemente per quelle preoccupazioni di politica criminale legate alla sussistenza della criminalità organizzata che, come abbiamo sinora indicato, costituiscono l’espressione nostrana del diritto penale del nemico. Se, tuttavia, iniziamo ad operare uno sguardo comparatistico, ci rendiamo facilmente conto che in Germania la pena massima detentiva è sino a 20 anni di reclusione ed ancor meno avviene in Norvegia, ove si è verificata la ben nota strage compiuta da Breivik il 22 luglio 2011 a Oslo e ad Utoya, ove è stata causata la morte di ben 77 persone, segno evidente che il rimedio avverso tali gravi forma di criminalità non è costituito dalla lunghezza del periodo che il soggetto passa in carcere, bensì dai trattamenti che può ricevere ai fini della sua risocializzazione. Ad ogni buon conto ed in conclusione sul punto, va comunque ricordato che la Corte costituzionale è giunta alla dichiarazione di illegittimità della pena dell’ergastolo, ma solo con riferimento ai minorenni imputabili, facendo leva, in questo caso, sul particolare significato che la rieducazione finisce con assumere con riguardo alla protezione dell’infanzia e della gioventù, prevista dall’art. 31 Cost.[18].

4. Giungiamo ora al clou della nostra indagine, ovverosia quella che si basa essenzialmente sul diritto penale comparato, dal quale emergono tutta una serie di sanzioni penali totalmente diverse dal sistema carcero-centrico che, se introdotte anche nel nostro sistema penale, potrebbero, a nostro avviso, contribuire a ridurre notevolmente l’utilizzazione della pena detentiva, in particolare carceraria, con tutto ciò che ne consegue in ordine al sovraffollamento ed al tasso sempre maggiore dei suicidi.

a) In primo luogo sarebbe decisamente opportuno introdurre come pene principali le pene pecuniarie, ma non come attualmente avviene, con il metodo di commisurazione c.d. a somma complessiva, ove è soltanto a discrezione del giudice commisurare la pena pecuniaria alla capacità economica del reo, bensì con quello c.d. a tassi giornalieri, che da noi è stato introdotto solo con riferimento alla responsabilità da reato degli enti, ex d.lgs. n. 231/2001[19] e, più di recente, per la pena pecuniaria come sanzione sostitutiva, con la c.d. riforma Cartabia. Il sistema c.d. a tassi giornalieri, di origine nord europea, risulta così configurato: il numero dei tassi è commisurato alla gravità del fatto e all’intensità dell’elemento psicologico, mentre l’entità del tasso è commisurata alla capacità economica del reo. Se aggiungiamo la variante c.d. a tempo, ideata dal giurista tedesco Juergen Baumann[20], ciò comporta che al soggetto condannato venga periodicamente sottratta dallo Stato una parte delle sue entrate per cui in tal modo si abbassa stabilmente il suo standard di vita e ciò spiega perché nei Paesi dove è stata introdotta la pena pecuniaria a tassi giornalieri, ovverosia la Germania, l’Austria e la Gran Bretagna, nonché i Paesi del nord Europa, si è stimato che l’85% delle pene irrogate dal giudice penale sono pene pecuniarie e solo il 15% pene detentive. Più in particolare il § 42 StGB prevede agevolazioni di pagamento a causa della inesigibilità del pagamento immediato, nonché è prevista anche la rinuncia all’esecuzione della pena pecuniaria per ragioni di equità sociale, come, ad esempio, quando il condannato sia affetto da una malattia grave o abbia perso il lavoro per ragioni a lui non rimproverabili (§ 459f StPO). Pur tuttavia, esiste un aspetto del sistema che francamente non convince e cioè quello in base al quale, laddove il condannato non paghi la pena pecuniaria nei termini stabiliti, ed è irrilevante se involontariamente o volontariamente, ai sensi del § 43 StGB, il giudice esecutivo dispone la sua sostituzione con una pena detentiva. Sotto questo profilo appare preferibile il sistema penale italiano che infatti, in caso di insolvibilità del condannato, prevede il lavoro di pubblica utilità, anche perché da noi con il codice civile del 1942 fu abolita la c.d. prigione per debiti[21].

In conclusione sul punto, con l’Associazione “Nessuno tocchi Caino” si è, infatti, stimato che, laddove fosse introdotto tale modello di pena pecuniaria anche da noi, il numero dei detenuti scenderebbe vistosamente in Italia da oltre 60 mila a soli 3500 circa.

b) Ovviamente, per ottenere tale risultato, non basterebbe, però, soltanto l’introduzione della pena pecuniaria a tassi giornalieri, in quanto la stessa dovrebbe essere accompagnata anche dalle sanzioni interdittive intese come pene principali, che hanno infatti dimostrato, soprattutto nei reati economici e in quelli contro la pubblica Amministrazione, una notevole efficacia sia general-, che special-preventiva[22], tanto è vero che, ad es., in Francia il giudice penale già dal 1975 può applicare, per l’appunto, come pene principali le sanzioni interdittive[23] e sulla stessa falsariga si era mosso, nel nostro Paese, il Progetto Grosso di riforma del codice penale.

c) Alle sanzioni interdittive vanno poi aggiunte le sanzioni a carattere lato sensu risarcitorio, con le connesse questioni relative alla c.d. mediazione penale, sanzioni che sono già state sperimentate come c.d. terzo binario, oltre, cioè, le pene e le misure di sicurezza con successo già in diversi ordinamenti, quali l’Inghilterra con i c.d. compensation orders, l’Austria con la taetige Reue, ovverosia il pentimento operoso, come causa estintiva del reato, con particolare riguardo ai reati economici di piccola e media gravità e, infine, la Germania, con la riforma del § 46a del codice penale tedesco[24].

d) Alle sanzioni sinora descritte andrebbero poi aggiunte le c.d. pene prescrittive, cioè comportanti un obbligo di fare, che possono risultare molto utili sia con riguardo ai reati ambientali, in particolare con riferimento ai delitti relativi all’inquinamento[25], sia anche, ad es., con riguardo ai reati connessi agli stupefacenti, perché può risultare molto utile in senso general- ma soprattutto special-preventivo, che uno spacciatore, o anche un detentore di notevoli quantità di sostanze stupefacenti siano obbligati, sotto il controllo del servizio sociale, ad es., a ripulire i giardini pubblici dalle siringhe infette.

e) Da ultimo, vanno ricordate le shame sanctions, cioè le pene della vergogna[26], che potrebbero essere potenziate anche da noi, giacché nel nostro sistema penale esiste soltanto la pubblicazione della sentenza penale di condanna in uno o più giornali.

5. Merita un approfondimento a parte la c.d. giustizia riparativa, che idealmente si collega a quella di carattere risarcitorio anche se, nel caso della restorative justice, non si tratta di problemi economici, bensì della “intesa autore-vittima”, attraverso un percorso personologico, diretto da un mediatore e nell’ambito dell’Ufficio di mediazione, in modo tale che si giunga ad un superamento della tradizionale retribuzione, verso una giustizia penale di carattere riconciliativo, intesa come “forma della riunione di ciò che è separato”[27]. Rinviando, a questo proposito, alla disamina normativa del d.lgs. 10 ottobre 2022 n. 150, la cui entrata in vigore è stata posticipata al 30 dicembre dello stesso anno e, riguardo ai decreti attuativi attinenti alla giustizia riparativa, al 30 giugno 2022[28], dobbiamo soprattutto rilevare, sull’onda del collega Donini[29], che la giustizia riparativa comporta una sorta di “rivoluzione copernicana” dalla pena subìta alla pena agìta.

Ciò nonostante, la restorative justice, che non è comunque ancora entrata a regime, ha suscitato non a caso alterne e quindi contrastanti visioni, alcune positive, ma altre assai problematiche, soprattutto perché la pubblica opinione, alimentata dai mass-media, non sembra ancora preparata ad accettare un percorso di “intesa autore-vittima” sotto la direzione di un mediatore che comporta, anche nell’ambito dell’ufficio di mediazione, un processo parallelo a quello penale. In tale processo parallelo non hanno voce in capitolo non solo i difensori delle parti, ma nemmeno il giudice, tanto è vero che autorevoli esponenti della dottrina penalistica, come il collega Oliviero Mazza, hanno più volte manifestato le loro perplessità a livello costituzionale, per contrasto soprattutto con la presunzione d’innocenza, di cui all’art. 27, comma 2[30]. A nostro avviso, però, le conclusioni cui giunge, in particolare, il collega Mazza appaiono troppo tranchant, giacché comunque i colloqui avvenuti tra il presunto autore del reato e l’altrettanto presunta vittima comunque non rifluiscono nel processo penale e ciò, a nostro sommesso avviso, contribuisce ad attenuare il contrasto con la presunzione di innocenza.

6. In conclusione, ci pare di aver dimostrato come sarebbe sommamente opportuno che il legislatore, invece di varare un decreto legge in materia penitenziaria che ha suscitato le più aspre critiche, in particolare da parte della dottrina processualpenalistica e non solo, ampliasse il suo sguardo a livello comparatistico, perché nella legislazione penale e processuale penale di importanti Paesi europei ed anche extra-europei, si possono rinvenire quei modelli di sanzione totalmente diversi dal sistema italiano, ancora sostanzialmente carcero-centrico, che, se fossero introdotti anche da noi, siamo persuasi, e lo abbiamo dimostrato, ciò contribuirebbe a diminuire notevolmente il numero della popolazione carceraria, come, del resto, è già avvenuto da tempo in Germania ove sussiste sì un numero di detenuti pari a 60 mila unità circa, ma con una popolazione di oltre 80 milioni di persone ed ove la pena detentiva viene utilizzata soltanto nel 15% dei casi. Siccome, però, la politica criminale sinora espressa dall’attuale Governo appare sostanzialmente di carattere populistico-sicuritario, nutriamo notevoli perplessità che un così radicale cambiamento di regime a livello penologico possa effettivamente attuarsi, quanto meno nel breve e nel medio periodo.

**Avvocato, Professore Emerito di diritto penale nell’Università di Foggia

(*) Il presente saggio è in corso di pubblicazione anche su Il diritto penale della globalizzazione.

[1] Cfr. il portavoce e il coordinamento della Conferenza dei garanti territoriali delle persone private della libertà, Roma, 15 luglio 2024; ormai la questione è diventata di vibrante attualità, tanto è vero che se ne sono occupati recentemente fra i migliori penalisti italiani, cfr. FIANDACA G., Il carcere fuori scienza, in Diritto di Difesa, 2023, 11 ss.; PADOVANI T., La legalità dell’illegalità: il carcere, in ibid, 19 ss.; DOLCINI E., L’inferno del carcere, in ibid, 29 ss.; FLORA G., Dagli splendori dei principi di umanità, personalità e rieducatività alle miserie del carcere disumano, alla tragedia dei suicidi in carcere, in ibid, 43 ss.; BORTOLATO M., Carcere: uno sguardo oltre l’urgenza dei numeri, in ibid, 52 ss.; SANTANGELO A., Superare le ostatività,

[2] FOUCAULT M., Sorvegliare e Punire. Nascita della prigione, Torino, 1976; per quanto riguarda i manicomi, altrettante istituzioni totali, tuttavia aboliti per merito della legge Basaglia n. 180 del 1978, cui successivamente seguì anche l’abolizione degli ospedali psichiatrici giudiziari, sostituiti dalle c.d. REMS, cfr. BASAGLIA F., L’istituzione negata, Milano, 1968; nonché, per quanto riguarda gli OPG ed il loro superamento, sia consentito il rinvio a MANNA A., L’imputabilità e i nuovi modelli di sanzione. Dalle “finzioni” giuridiche alla “terapia sociale”, Torino, 1997, spec. 79 ss.; 115 ss.; 191 ss.

[3] Cfr. per tutti, AA.VV., Pene e misure alternative nell’attuale momento storico, Atti del Convegno del Centro nazionale di prevenzione e difesa sociale, tenutosi a Lecce nel 1977, Milano, 1977. L’origine storica dell’introduzione delle misure alternative deriva da un grave fatto di cronaca che avvenne nel carcere di Porto Azzurro, riservato agli ergastolani, che avevano preso in ostaggio un rilevante numero di guardie carcerarie, a cui avevano minacciato di togliere loro la vita, se non fossero giunti al più presto per trattare due grandi principi del Foro di allora, e cioè il prof. Giuliano Vassalli e l’avv. Adolfo Gatti, entrambi socialisti. La trattativa portò alla conseguenza per cui l’allora Ministro della Giustizia, on. Mario Zagari, anch’egli del PSI, si decise a varare, appunto, la riforma penitenziaria nel 1975, con le annesse misure alternative alla detenzione.

[4] TRAPANI M., Le sanzioni penali sostitutive, Padova, 1985.

[5] Sia consentito, in argomento, il rinvio a MANNA A. – SERENI A., Diritto penale. Parte generale. Teoria e prassi, Milano, 2024, spec. 539 ss.; e 544 ss.

[6] Sulla giustizia riparativa, da ultimo, nella manualistica, FIANDACA G. – MUSCO E., Diritto penale. Parte generale, 9ᵃ, Bologna, 2024, 768 ss., con, ivi, ulteriori riferimenti bibliografici, cui pertanto, per ulteriori approfondimenti, anche si rinvia. V. anche FIANDACA G., Punizione, Bologna, 2024, spec. 123 ss., con riferimento proprio ai rapporti tra punizione e riparazione. Ad ogni buon conto torneremo ex professo ad occuparci della giustizia riparativa, quando affronteremo le sanzioni diverse dall’universo concentrazionario e, quindi, le esperienze straniere al riguardo. In ogni caso, cfr. anche Pene sostitutive: il Protocollo applicativo ed esecutivo degli uffici giudiziari di Brindisi dopo il “Correttivo Cartabia”, in Sistema penale, 24 luglio 2024.

[7] In argomento cfr. ROMANO E., D.L. 92/2024 “Carcere Sicuro”, note sparse ad una prima lettura: nulla di straordinario, poco di necessario, scarsamente urgente, in Giustizia insieme, 9 luglio 2024; cfr. anche e soprattutto le critiche decisive ed autorevoli del collega Glauco Giostra su cui v. STELLA V., Il “decreto Carceri è solo una presa in giro”, il j’accuse di Giostra, in Il Dubbio, 2 agosto 2024.

[8] Corte cost., sent. n. 10 del 31 gennaio 2024, su cui cfr. CORLEONE F., Sandro Margara profeta del carcere dal volto umano, in L’Espresso, 26 luglio 2024, 41.

[9] MANCONI L., Carceri, l’infero e l’amnistia tabù, in La Repubblica, 10 luglio 2024, 25; ID, Il tabù della clemenza, in ibid., 24 luglio 2024, 25.

[10] BALDUCCI P., Indulto e amnistia non siano un tabù, o saremo travolti da questa tragedia, in Il Dubbio, 2 luglio 2024.

[11] AMARELLI G., Sovraffollamento carcerario: aspettando l’efficientamento delle pene sostitutive, subito un indulto proprio condizionato, in Sistema penale, 21 maggio 2024. Più in generale, sulle alternative alla detenzione, cfr. già, in particolare, GATTA G.L., Alternative al carcere, in Sistema penale, 21 marzo 2023, e la bibliografia ivi citata.

[12] VASSALLI G., Funzioni e insufficienze della pena, in RIDPP, 1961, 297 ss.; nonché anche ID., Scritti giuridici, I, Tomo 2, Milano, 1997, 1361 ss.

[13] FIANDACA G., Sub art. 27, 3° comma, in Commentario della Costituzione fond. da G. BRANCA e cont. da A. PIZZORUSSO, Art. 27-28, Rapporti civili, Bologna 1991, 222 ss. e, quivi, 237.

[14] In argomento cfr. di nuovo già l’ampia ed esaustiva ricostruzione operata da VASSALLI G., La riforma della liberazione condizionale, in Rassegna di Studi penitenziari, n. 6, novembre-dicembre 1951, nonché in ID., Scritti giuridici, etc. cit., 1185 ss.

[15] Cass. pen., Sez. I, 16/6/2021, (ud. 16/6/2021, dep. 24/11/2021), n. 43285.

[16] GALLIANI D., Una introduzione alle forme e alle criticità della pena perpetua, (Introduzione a DANUSSO C., DOLCINI E., GALLIANI D., PALAZZO F., PUGIOTTO A., RUOTOLO M., Ergastolo e diritto alla speranza. Forme e criticità del “fine pena mai”, Torino, 2024), in Sistema penale, 2 luglio 2024.

[17] JAKOBS G., Strafrecht Allgemeiner Teil: Die Grundlagen Und die Zurechnungslehre, I, Berlin, 1991; nonché nella letteratura italiana, DONINI M. – PAPA M. (a cura di), Diritto penale del nemico. Un dibattito internazionale, Milano, 2007.

[18] Corte cost. 28 aprile 1994, n. 168; per maggiori approfondimenti sull’ergastolo e sull’ergastolo ostativo sia comunque consentito il rinvio a MANNA A. – SERENI A., op.cit., rispettivamente 517 ss. e 521 ss.

[19] Cfr. in argomento per tutti, PIVA D., La responsabilità degli enti ex d.lgs. n. 231/2001 tra diritto e processo, Torino, 2021, spec. 3 ss.

[20] BAUMANN J., Beschraenkungen des Lebensstandards anstatt kurzfirstiger Freiheitsstrafe, Berlin, 1968; nella letteratura tedesca sulla pena pecuniaria a tassi giornalieri cfr. JESCHECK H.H. – GREBING G., Die Geldstrafe in deutschen und ausländischen Recht, Baden Baden, 1978; nella letteratura italiana più recente GOISIS L., La pena pecuniaria. Un’indagine storica e comparata. Profili di effettività della sanzione, Milano, 2008; MIEDICO M., La pena pecuniaria. Disciplina, prassi e prospettive di riforma, Milano, 2008.

[21] Per tale ricostruzione della pena pecuniaria nell’esperienza tedesca ed anche austriaca cfr., di recente, HELFER M., Per una pena pecuniaria presente nell’ordinamento giuridico. Uno sguardo all’esperienza tedesca ed austriaca, in RIDPP, 2024, 45 ss.

[22] Cfr. a questo proposito già autorevolmente, VASSALLI G., Le interdizioni professionali e le interdizioni dall’esercizio di determinate attività, Rapporto generale sugli aspetti giuridici al VII Congresso internazionale di difesa sociale, Lecce, 19-24 settembre 1966, 3 ss.; nonché in AA.VV., Les interdictions professionnelles et les interdictions d’exercer certains activités, Paris, 1969, 139 ss.; ed in ID., Scritti giuridici, etc., cit., 1455 ss. e spec. 1491 ss.

[23] Cfr. PADOVANI T., Evoluzione storica e aspetti di diritto comparato delle misure alternative, in Cass. pen., 1979, 492 ss.

[24] Cfr. di recente LUPÁRIA L. (a cura di), Lo statuto europeo delle vittime di reato – Modelli di tutela tra diritto dell’Unione e buone pratiche nazionali, Padova, 2015, 151 ss. e 159 ss.

[25] Cfr. in argomento, per tutti, AMENDOLA G., Diritto penale ambientale. Compendio pratico. Aria, acqua, rifiuti, rumore, Pisa, 2022, spec. 235 ss.

[26] In argomento, nella letteratura italiana, VISCONTI A., Teorie della pena e “shame sanctions”: una nuova prospettiva di prevenzione o caso di atavismo del diritto penale?, in Scritti in onore di Mario Romano, Napoli, 2011, I, 633 ss., con la bibliografia ivi citata.

[27] Così TILLICH P., Amore, giustizia e potere (1954), tr. it. di Galli, Milano, 1994, 66; nonché, più in generale, EUSEBI L., La Chiesa e il problema della pena – Sulla risposta al negativo come sfida giuridica e teleologica, Brescia, 2014, spec, 147 ss.

[28] Sia consentito il rinvio a MANNA A. – SERENI A., op. cit., 714 ss., ove sono anche analizzate partitamente le norme del codice penale, del codice di procedura penale e dell’ordinamento penitenziario modificate nell’ottica, appunto, della giustizia riparativa; in argomento v. ora anche CERETTI A., MANNOZZI G. MAZZUCATO C. (a cura di), La disciplina organica della giustizia riparativa in GATTA G.L.-GIALUZ M. (dir. da), Riforma Cartabia. Le modifiche al sistema penale, IV, Torino, 2024; spec. GIALUZ M., L’innesto della giustizia riparativa nel procedimento penale, in GATTA G.L.-GIALUZ M. (dir. da), op. cit., 169 ss., con riguardo alla presunzione d’innocenza, al diritto di difesa, all’imparzialità del giudice ed alla funzione cognitiva del processo.

[29] DONINI M., L’idea riparativa per un umanesimo penale, in l’Unità, 2 luglio 2023; ID., Diritto penale e processo come Legal system. I chiaroscuri di una riforma di fronte, in CASTRONUOVO D. – DONINI M. – MANCUSO E.M. – VARRASO G. (a cura di), Riforma Cartabia: la nuova giustizia penale, Milano, 2023, 1 ss. e quivi 4 ss., 18 ss., 26 ss. Per un approccio in parte diverso, v. FIANDACA G., Punizione etc., cit., 123 ss.

[30] Così MAZZA O., Il processo che verrà: dal cognitivismo garantista al decisionismo efficentista, in Arch pen. web, 22 luglio 2022, 25; ID., Così la giustizia riparativa può indebolire il ruolo del difensore e il diritto a un giusto processo, in Il Dubbio, 21 settembre 2023; nonché, fra i sostanzialisti, cfr. ZILLETTI L., Intervista sulla giustizia riparativa al prof. Fausto Giunta: “L’obiettivo è riavvicinare le parti, ma con la riforma Cartabia i propositi perdono di autenticità. E ne beneficia solo l’imputato”, in PQM, Il Riformista, 1° luglio 2024.

FATE QUALCOSA PER GLI INVISIBILI

 Lettera aperta alle istituzioni

Mattarella, Meloni e Nordio visitate le carceri e fate qualcosa per gli invisibili: l’appello

Associazione Happy Bridge O.D.V Associazione di volontariato in carcere si è rivolta alle principali cariche dello Stato

Giustizia - di Redazione Web

27 Agosto 2024 alle 15:53




Lettera aperta
al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella , alla Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, al Vice Presidente del Consiglio Antonio Tajani, al Ministro della Giustizia Carlo Nordio, a Viceministro Paolo Sisto, ai Sottosegretari alla Giustizia Andrea del Mastro delle Vedove e
Andrea Ostellari


Eccellenti rappresentanti delle istituzioni, siamo qui a sottoporre a Voi, oggi deputati a valutare e adottare provvedimenti che possano in qualche modo alleviare la grave situazione che da anni ormai sta devastando le carceri italiane, talune considerazioni che nascono da chi, come molti di noi volontari e persone della società civile, ha frequentato il carcere seppur in ruoli e funzioni diverse. Abbiamo visto molti governi transitare negli ultimi 30 anni, ovvero da quegli anni ’90 che forse sono stati i migliori sotto il profilo umano ma anche per le spinte motivazionali che ancora animavano, così come voluto dai nostri padri costituenti , chi immaginava un sistema carcerario rivolto alla rieducazione e reinserimento sociale delle persone detenute. Pensieri elevati che erano in qualche modo legati ad una volontà di rinascita e di riscatto culturale che trovavano fonte di ispirazione da quel periodo storico di dolore che aveva sottratto ingiustamente ed inutilmente tante vite umane. Il Carcere di Ventotene e il successivo Manifesto che ad esso si è ispirato, dovrebbero a nostro avviso essere il faro che dovrebbe illuminare tutta l’attività politica ed anche la società civile, quando ci si trova davanti a territori impervi che sembrano mettere in pericolo la nostra e la vita di tutti, territori sconosciuti ,selve oscure dove regna il male a la depravazione. Ed è qui che, a nostro avviso, risiede la capacità più elevata dell’uomo dei nostri tempi, che dovrebbe avere superato le leggi della vendetta, della violenza ,della guerra e della sopraffazione, che dovrebbe cercare nell’altro non il nemico ma l’avversario con cui dialogare anche se da fronti diversi.

Bisogna avere il coraggio di guardare negli occhi il male, capirne le origini e perché si è generato. Potremmo dilungarci a lungo sulla storia delle persone che hanno commesso atti criminali, sul valore della pena nei secoli, sul valore della giustizia, sulla nascita della criminologia, sui massimi sistemi su cui hanno scritto illustri pensatori e scienziati, e noi lo facciamo spesso nel nostro volontariato quotidiano proprio per sfuggire a quella morsa del pensiero unico che non fa crescere le persone e non le fa andare oltre gli schemi e i pregiudizi. Abbiamo imparato che in carcere non ci sono solo persone cattive, ma persone fragili, spesso deviate nel pensiero, con bassa cultura , persone che hanno conosciuto solo la strada del crimine per ottenere ciò che volevano, spesso per qualche diritto che in tempi lontani non esisteva. Tuttavia abbiamo sperimentato che con un giusto percorso, un percorso di vicinanza vera e costante, molte delle persone che abbiamo assistito in carcere sono cambiate soprattutto nel pensiero e nel profondo dell’anima riconoscendo gli errori ed il male generato. Certamente le difficoltà che si incontrano in questi cammini non sono pochi perché modificare il comportamento di un adulto è complesso e complicato, tuttavia i buoni esempi e la speranza di una vita migliore sono strumenti di cura efficaci. Purtroppo lo stato delle carceri italiane, ad eccezione di qualche esempio virtuoso dovuto ad una efficiente e sensibile Dirigenza unitamente alla preparazione e sensibilità del personale civile e militare presente, non agevola il percorso di rieducazione e reinserimento delle persone detenute.

Il detenuto che entra in carcere aspetta non meno di 6/9 mesi prima di conoscere il suo educatore, il suo psicologo o chi è preposto a delineare il suo percorso trattamentale. Anche le attività trattamentali andrebbero stabilite dall’Area Trattamentale insieme a tutte le componenti della società civile, così come previsto dall’Ordinamento Penitenziario evolutosi negli anni e che ha recepito la necessità di apertura del carcere alla società civile. Il carcere è un problema di tutti, non solo dello Stato, e tutta la comunità deve farsi carico di trovare soluzioni adeguate per il futuro reinserimento sociale delle persone detenute. Nessuno può essere ritenuto così distante dalla realtà carceraria, così come ci insegnano i fatti di cronaca, e forse ce ne rendiamo conto quando qualche nostro congiunto o amico o conoscente rimane coinvolto in taluni atti penalmente rilevanti. E’ bene trovare una collocazione diversa dal carcere per chi si trova a poca distanza dal fine pena, ma occorre tener presente che le persone hanno bisogno di un lavoro per potersi mantenere o di sussidi dello Stato per sopravvivere durante il periodo di detenzione domiciliare se non si vuole correre il rischio di una recidiva. Sicuramente l’ipotesi di un sussidio mensile sarebbe meno costoso del mantenimento giornaliero in carcere(circa 150 euro giornalieri) e ciò creerebbe meno tensioni e conflittualità sociale anche verso le Istituzioni. Altro tema importante è quello della formazione, che purtroppo in carcere non è garantita a tutti, a parte i corsi scolastici che fortunatamente riescono a coinvolgere positivamente il 30% della popolazione detenuta.

I corsi professionalizzanti , un tempo erogati dalle Regioni, oggi sono lasciati alla libera iniziativa di scuole, associazioni, ecc., ed oggi sappiamo tutti che non è facile trovare un lavoro se non si ha una specializzazione, ancor di più per un ex detenuto, ed allora anche qui occorre stabilire degli accordi tra le istituzioni e le imprese attraverso una adeguata conoscenza ed un sistema di incentivi fiscali (La legge Smuraglia che non tutti conoscono andrebbe snellita ed estesa a tutte le tipologie di imprese). Molti sono gli strumenti che il nostro Paese ha a disposizione per rendere il sistema carcerario più umano e adeguato alla sua reale funzione, ma necessiterebbe di personale motivato, istruito e ben disposto verso tale tipo di attività che si basa sulla presa in carico o meglio sulla cura delle persone. Basta agli slogan tipo “sbattiamoli in carcere e buttiamo via la chiave” . Tutti nella vita hanno diritto ad una seconda chance e per molti alla “prima chance” perché la vita non è stata generosa con loro, e chi è stato più fortunato ha il dovere di restituire qualcosa a chi ha ricevuto di meno. Le numerose Associazioni e volontari(migliaia) che si occupano del mondo della detenzione e che assistono le persone detenute e ex detenute nel loro percorso di rinascita, perché non si sentano escluse o emarginate, sanno bene che nel carcere non esiste solo il male perché ogni persona ha una infinità di risorse che può trovare espressione, e perché è proprio dalla carcerazione e privazione della libertà che sono nati personaggi illustri di cui oggi ancora si parla anche attraverso le loro opere d’arte, o personaggi che hanno subito la gogna dei pregiudizi di un’epoca che non ne ha compreso la genialità (Giovanna D’Arco, Galileo Galilei, Giordano Bruno, Caravaggio, Marie Olympe de Gouges, ecc.) e li ha condannati.

Ricordiamo anche i numerosi dissidenti politici che hanno speso e sacrificato la vita per i diritti civili, rinchiusi in carcere perché contro un regime politico antidemocratico. Riteniamo che una Nazione che voglia definirsi civile debba dare dignità a tutte le categorie sociali , soprattutto le più fragili e indifese che non hanno la forza di difendersi. La privazione della libertà è già una grande punizione ma far vivere la pena in modo inumano e’ inutile , dannoso , e costoso per tutta la società. Apriamo le carceri alla collettività, consentiamo l’accesso in modo più concreto e meno contenuto ai numerosi volontari disponibili a prestare attività a sostegno della popolazione detenuta affinché si senta meno sola e meno abbandonata. Liberalizzate le telefonate come avviene in altri Paesi europei e consentite maggiori accessi ai familiari per garantire una continuità affettiva( 6 telefonate al mese non sono sufficienti). Si consenta ai detenuti l’accesso controllato ad internet per motivi di studio (art.40 O.P.), di relazioni affettive, di accrescimento culturale individuale, rispondendo così a quel diritto costituzionale che vuole gli stessi diritti per tutti i cittadini. I detenuti vanno responsabilizzati nella gestione quotidiana , le punizioni collettive non sono mai state foriere di risultati positivi, anzi hanno sviluppato sentimenti di vendetta, rancore , odio e atti mafiosi.

Ad oggi la popolazione detenuta conta oltre 61.000 detenuti definitivi ,con 8000 detenuti circa con fine pena sotto un anno che forse potrebbero scontare la pena in detenzione domiciliare con specifico programma di reinserimento sociale e lavorativo. Per avere carceri funzionanti ci sarebbe bisogno di almeno 3000 educatori e non 800 come ce ne sono oggi , oltre a psicologi, medici, assistenti sociali, ecc. Dall’inizio dell’anno ad oggi 30 luglio 2024 si sono suicidate 64 persone .Non può essere questo il modo per svuotare le carceri. Le visite che avete programmato ed anticipato nella conferenza stampa aiuteranno forse (forse perché nelle visite programmate per poche ore non emergono le falle dell’istituto carcerario) ad avvicinarVi al mondo degli invisibili di cui scoprirete qualche volto che rimarrà impresso nella vostra mente e speriamo sia di impulso ad un vero cambiamento di passo degno di una classe politica al servizio della propria comunità.

Associazione Happy Bridge O.D.V Associazione di volontariato in carcere