I RIMEDI AL SOVRAFFOLLAMENTO CARCERARIO E AD UN SISTEMA
PENALE ANCORA CARCERO-CENTRICO: ALLA RICERCA DI SANZIONI TOTALMENTE
DIVERSE DA QUELLE PRIVATIVE DELLA LIBERTÀ PERSONALE, IN UNA PROSPETTIVA COMPARATISTICA (*)
di Adelmo Manna**
SOMMARIO: 1. Sovraffollamento
carcerario e suicidi in carcere: la risposta del D.L. Nordio; 2. I
rimedi: la liberazione anticipata speciale e l’amnistia e l’indulto; 3.
La sostituzione dell’ergastolo, semplice ed ostativo, con la reclusione
sino a trent’anni; 4. La prospettiva comparatistica: a) la pena
pecuniaria a tassi giornalieri; b) le sanzioni interdittive come pene
principali; c) le sanzioni risarcitorie; d) le pene prescrittive; e) le shame sanctions; 5. I limiti della giustizia riparativa; 6. Conclusioni.
1. Il sovraffollamento carcerario è
ormai diventato praticamente fuori controllo, giacché da una capienza di
47 mila e 300 unità si è raggiunto un numero di detenuti assai
maggiore, e cioè 61 mila 480. Naturalmente sono purtroppo aumentate
anche le persone che si sono suicidate in carcere perché, ad esempio, da
gennaio 2024 ad oggi sono 70 le persone suicide, di cui uno all’interno
del CPR di Ponte Galeria, cui è doveroso aggiungere 6 agenti di polizia
penitenziaria, che nello stesso arco di tempo, hanno deciso di
togliersi la vita[1].

Ciò dimostra ulteriormente come il carcere costituisca una c.d. istituzione “totale”, per dirla con Michel Foucault[2],
nel senso di un luogo dove il soggetto viene rinchiuso per un
determinato periodo di tempo, a scopi esclusivamente custodiali, sia
laddove sia stato condannato per un reato per cui è prevista la
reclusione, o anche la custodia cautelare in carcere, sia laddove sia
stato diagnosticato infermo di mente e socialmente pericoloso, per cui
invece la destinazione è stata sino al 1978 quella del manicomio, che
originariamente era disciplinato dalla legge del 1904, in base alla
quale si veniva rinchiusi se si mostrava di essere “pericolosi per sé o
per altri”. Attualmente, dopo la legge del 1978, è previsto un
trattamento sanitario obbligatorio per l’infermo di mente, ma soltanto
nel limite massimo di 10 giorni, trascorsi i quali il soggetto può
essere ricoverato nei centri di salute mentale, ma soltanto in base al
suo consenso.
Se, quindi, questa è la situazione
attuale del carcere, sembrerebbe logico auspicarne l’abolizione totale
come, ad es., sostiene l’Associazione “Nessuno tocchi Caino”, gestita da
Sergio d’Elia ed Elisabetta Zamparutti, che ha come presidente onorario
il collega Tullio Padovani.
Nonostante l’autorevolezza del suo
Presidente, è evidente come l’Associazione in questione, essendo una
filiazione del Partito Radicale ed in particolare del compianto Marco
Pannella, ne ha ereditato le tesi più estreme, con la consapevolezza,
però, che il sostenerle non è detto che comporti anche la loro concreta
realizzazione. Risulta, infatti, assai difficile fare a meno della pena
detentiva per alcune categorie di criminalità, ovverosia quella
organizzata, nonché quella di carattere terroristico, cui, a nostro
giudizio, va anche aggiunta la commissione di gravi reati di sangue
come, in particolare, ad es., gli omicidi volontari e le violenze
sessuali. Ciò nonostante, il legislatore ha progressivamente “aperto” le
porte del carcere, in primo luogo con l’introduzione nel 1975 delle
misure alternative alla detenzione, come l’affidamento in prova al
servizio sociale, la semilibertà, la liberazione anticipata ed i c.d.
permessi premio[3].
Ad esse seguirono, nel 1981, le sanzioni sostitutive delle pene
detentive brevi, che secondo taluni avrebbero una funzione
prevalentemente di prevenzione generale[4],
mentre noi siamo dell’avviso che anche per tali tipo di sanzioni
prevalga la prevenzione speciale. Ad ogni modo, le singole sanzioni
sostitutive sono costituite dalla semidetenzione, dalla libertà
controllata e dalla pena pecuniaria, prevista questa volta non come pena
principale, bensì come sanzione sostitutiva.
Nel 1986 fece seguito la c.d. riforma
Gozzini che introdusse la detenzione domiciliare, i permessi premio, la
liberazione anticipata, nonché ulteriori modifiche soprattutto alle
misure alternative alla detenzione. Dopo la riforma Gozzini, succedette
tutta una serie di leggi, che ora sarebbe troppo oneroso in questa sede
descrivere partitamente, ma che comunque hanno avuto sempre la funzione
di alleviare la pena detentiva attraverso vari sistemi alternativi e/o
sostitutivi[5],
ma, in definitiva, il sistema penale italiano risulta ancora di
carattere essenzialmente carcero-centrico, se si eccettua la
recentissima giustizia riparativa, di cui alla riforma Cartabia, che
però presenta luci ed ombre e, soprattutto, non risulta ancora
effettivamente implementata[6].
Va considerato, da ultimo, anche il decreto legge n. 92 del 4 luglio 2024, Misure urgenti in materia penitenziaria, di giustizia civile e penale e di personale del Ministero della giustizia, in G.U.,
n. 155 del 4-7-2024, denominato anche “Carcere sicuro”, dell’attuale
Ministro della Giustizia, on. Carlo Nordio, che si caratterizza per le
seguenti disposizioni: l’art. 1 si occupa dell’assunzione di 1000 unità
del corpo di polizia penitenziaria, mentre l’art. 2 ha ad oggetto
l’assunzione di dirigenti penitenziari; l’art. 3, invece, contiene
disposizioni in materia di scorrimento delle graduatorie per posti di
vice commissario e vice ispettore di polizia penitenziaria e, da ultimo,
l’art. 4 ha ad oggetto: disposizioni in materia di formazione degli
agenti di polizia penitenziaria. Ciò sta a significare che per l’attuale
Ministro della Giustizia ha un’urgenza prioritaria l’aumento del numero
degli agenti e della loro formazione e solo in un secondo momento,
infatti nel capo II, ci si occupa delle misure in materia penitenziaria.
A questo proposito, l’art. 5 ha ad oggetto interventi in materia di
liberazione anticipata, che si occupano, però, prevalentemente della
modifica dell’art. 69 bis della l. 26.7.75 n. 354 e, cioè, del
procedimento in materia di liberazione anticipata, anche perché, come
constateremo, la proposta legislativa di innalzare da 45 a 75 giorni lo
sconto di pena per la liberazione anticipata è stata bocciata
dall’attuale Governo. L’art. 6 del decreto legge si occupa, infine,
degli interventi in materia di corrispondenza telefonica dei soggetti
sottoposti al trattamento penitenziario e all’art. 7 le modifiche al 41 bis
della legge 354 del 1975. Probabilmente, la norma più interessante e
innovativa riguarda il successivo art. 8 che infatti ha ad oggetto: “Disposizioni in materia di strutture residenziali per l’accoglienza e il reinserimento sociale dei detenuti”. Seguono, infine, la disposizione che introduce il nuovo delitto di “Indebita destinazione di denaro o cose mobili”, nel nuovo art. 314 bis
c.p., nonché alcune modiche al codice di procedura penale “per
l’efficienza del procedimento stesso e per la semplificazione in materia
di misure alternative”[7].
2. Stabilito quanto sopra dobbiamo
ora cominciare ad individuare dei rimedi che evitino il perdurare di
tale situazione carceraria, il cui numero è abbondantemente oltre il
consentito nonché i suicidi in carcere, essendo però anche consapevoli
come sia necessario uscire dalla spirale carcero-centrica, che, ad onta
delle migliori intenzioni, abbiamo potuto sinora constatare come non
riesca a risolvere tale drammatica situazione e tanto meno è in grado,
per le ragioni sinora indicate, anche il decreto legge Nordio, che si
sarebbe dovuto occupare proprio di tale questione. Il primo tentativo di
alleviare la condizione carceraria in quest’ultimo periodo consiste
nella proposta di modifica della liberazione anticipata, introducendo la
c.d. liberazione anticipata speciale, che porta ad uno sconto di pena
da 45 a 75 giorni, proposta, in particolare, dall’on. Rita Bernardini,
con encomiabili scioperi della fame ed ora anche della sete, assieme
all’on. Ciccardini. Non vi è dubbio che tale rimedio, laddove fosse
definitivamente varato, potrebbe fornire un aiuto, ma non più di tanto,
perché è evidente che il problema è molto più vasto del rimedio che si
propone.
Ad ogni buon conto, come abbiamo in
precedenza accennato, l’attuale Governo e quindi la maggioranza
politico-parlamentare ha definitivamente bloccato tale rimedio,
evidentemente ritenuto in contrasto con quella tendenza
populistico-sicuritaria che purtroppo caratterizza da tempo la politica
criminale del Governo di destra-centro. Per fortuna, però, ci ha pensato
la Corte costituzionale nel 2024[8]
a favorire il diritto all’affettività e ai colloqui riservati dei
detenuti, già previsti nel regolamento carcerario del 2000, ma sempre
con la presenza di una guardia carceraria, che invece è stata
giustamente eliminata dall’intervento della stessa Corte costituzionale,
per rendere lo stesso diritto all’affettività concretamente
esercitabile al di fuori di “occhi indiscreti”.
Altro rimedio, di assai più ampia portata, che molti suggeriscono, come, ad esempio, Luigi Manconi[9] e Paola Balducci[10],
è quello di varare un provvedimento di amnistia e /o indulto che
infatti sicuramente sarebbe un rimedio assai più rilevante rispetto al
precedente, come sostiene anche Giuseppe Amarelli con riferimento, in
particolare, all’indulto[11].
Tale prospettiva, però, presenta a
nostro avviso, un ostacolo che rende la sua realizzazione assai
difficoltosa. Trattasi della modifica dell’art. 79 Cost., effettuata con
l’art. 1 della l. Cost. 6 marzo 1992 n. 1, che ha aumentato la
maggioranza richiesta per il varo di tali provvedimenti clemenziali, che
infatti in precedenza venivano notoriamente varati molto frequentemente
e soprattutto ad ogni cambio di Governo che, la storia repubblicana
insegna, avvenivano altrettanto frequentemente, in quanto la maggioranza
richiesta era assai inferiore. Per tale ragione dal 1992 l’amnistia e
l’indulto sono concessi con legge deliberata “a maggioranza dei due
terzi dei componenti di ciascuna Camera, in ogni suo articolo e nella
votazione finale”.
Tanto ciò è vero che l’ultimo
provvedimento di amnistia riguarda reati commessi entro il 24 ottobre
del 1990, mentre l’indulto si ottenne a metà degli anni 2000, ma
essenzialmente perché intervenne personalmente in Parlamento addirittura
il Santo Padre, Papa San Giovanni Paolo II. Il rimedio in analisi
appare quindi purtroppo allo stato non di pratica fattibilità, in quanto
attualmente siamo in presenza di due formazioni politiche contrapposte,
l’una di Governo e l’altra di opposizione, che proprio per tale
caratteristica ben difficilmente troveranno un accordo per ottenere la
già ricordata maggioranza qualificata dei due terzi delle assemblee
parlamentari.
3. Riteniamo, viceversa, che in
materia possa essere estremamente utile il panorama comparatistico, dal
quale ricavare soluzioni alternative all’attuale sistema penale
carcero-centrico. In primo luogo appare opportuno esaminare non solo la
legittimità costituzionale dell’ergastolo e, a maggior ragione,
dell’ergastolo ostativo, ma anche e soprattutto se a livello europeo non
vi siano alternative praticabili rispetto alla pena perpetua, che già ictu oculi
si pone in contrasto con l’art. 27, 3° comma, Costituzione, sia sotto
il profilo della umanità della pena, sia sotto quello della tendenza
della stessa alla rieducazione/risocializzazione, giacché risulta
addirittura intuitivo il quesito di quale senso abbia la rieducazione di
un soggetto, la cui pena della reclusione è perpetua.
Tuttavia la questione non è di così
facile risoluzione, in quanto l’orientamento della Corte costituzionale
ed anche di parte della dottrina ha risentito della c.d. concezione
polifunzionale della pena stessa, il cui principale assertore è stato
Giuliano Vassalli[12],
in base alla quale la pena avrebbe una natura essenzialmente
retributiva ma svolgerebbe anche le funzioni di prevenzione generale e
di prevenzione speciale. Tale impostazione, che è stata giustamente
criticata da Giovanni Fiandaca, in quanto definita di carattere
“compromissorio”[13],
ha tuttavia notevolmente condizionato la giurisprudenza della Corte
costituzionale, che ovviamente in tale prospettiva non ha ritenuto di
dichiarare illegittimo l’ergastolo. Un altro argomento, tuttavia, è
stato anche utilizzato e cioè quello della “liberazione condizionale”[14], come strumento giuridico che consente di evitare la perpetuità della pena, ex
art. 176, comma 3°, c.p., laddove il condannato, che abbia tenuto un
comportamento tale da far ritenere sicuro il suo ravvedimento, abbia
scontato almeno 26 anni di pena. Ciò infatti spiega perché anche di
recente la Suprema Corte di cassazione abbia ritenuto come la disciplina
dell’esecuzione consenta di escludere in concreto la perpetuità della
pena[15].
L’utilizzazione, tuttavia, dell’istituto della liberazione
condizionale, come strumento per non rendere perpetua la pena
dell’ergastolo e quindi salvarla dalle “forche caudine” dell’art. 27, 3°
comma, Cost., appare frutto di un’argomentazione non condivisibile,
giacché si salva la pena perpetua non ex se, bensì attraverso
un istituto “esterno”, che, fra l’altro, non sempre ovviamente viene
applicato, perché il soggetto può non aver tenuto un comportamento tale
da far ritenere sicuro il suo ravvedimento. In tale ultima evenienza,
quindi, l’ergastolo rimarrà inevitabilmente ciò che il grande Alessandro
Margara definiva il “fine pena mai”, e quindi in tale evenienza il
contrasto con l’art. 27, 3° comma, Cost., diventa difficile da negare.
La Corte costituzionale, quindi, ha
continuato nel suo orientamento, per cui, anche al fine di non adottare
un approccio eccessivamente analitico, ci permettiamo di rinviare ad una
interessante opera del collega Davide Galliani, che da par suo analizza
tutte tali problematiche, comprensiva anche dell’ergastolo ostativo[16].
Quanto a quest’ultimo tipo di ergastolo, assai più severo del primo, riguarda infatti i reati di cui agli artt. 4 bis e 41 bis
dell’ordinamento penitenziario, in base ai quali non sono consentite
misure alternative alla detenzione e l’ergastolano può beneficiare della
liberazione condizionale dopo ben trent’anni di carcere, laddove però
abbia utilmente collaborato con l’autorità inquirente,
naturalmente con tutti i rischi per l’incolumità propria e dei familiari
che notoriamente la collaborazione processuale comporta e che induce le
autorità inquirenti a spostare il detenuto, con una forma di detenzione
extra muraria, onde evitare in carcere vendette trasversali,
in una località segreta, ove andrebbe a vivere assieme alla sua famiglia
sempre scortato dalla polizia.
Orbene, anche se tra i reati ostativi
sono stati eliminati i delitti dei p.u. contro la p.A., l’ergastolo
ostativo a maggior ragione suscita notevoli perplessità di ordine
costituzionale, ma tuttavia la Corte costituzionale stessa non l’ha mai
dichiarato costituzionalmente illegittimo, proprio perché nel nostro
Paese esiste la criminalità organizzata nelle sue varie forme che
costituisce il vero ostacolo alla abolizione dell’ergastolo e, a maggior
ragione, dell’ergastolo ostativo. In tal modo, però, il diritto penale
relativo alla criminalità organizzata rischia di diventare quello che un
grande, anche se discusso, giurista tedesco ha definito il “diritto
penale del nemico”. In tale prospettiva tale forma di diritto penale si
caratterizzerebbe quindi non solo per un aumento delle forme
penalistiche di “atteggiamento interiore”, ma anche per un aumento
notevole dei casi di pericolosità sociale e, soprattutto, di aumento dei
limiti della pena detentiva[17].
Ciò spiega la ragione per cui i progetti
di riforma del codice penale, l’uno della Commissione presieduta dal
compianto prof. Carlo Federico Grosso, e l’altro dall’on. avv. Giuliano
Pisapia, entrambi avevano sostituito l’ergastolo con una pena massima
della reclusione sino a trent’anni, ma in entrambi i casi i ministri
della Giustizia in carica si rifiutarono di approvare sul punto la
sostituzione dell’ergastolo evidentemente per quelle preoccupazioni di
politica criminale legate alla sussistenza della criminalità organizzata
che, come abbiamo sinora indicato, costituiscono l’espressione nostrana
del diritto penale del nemico. Se, tuttavia, iniziamo ad operare uno
sguardo comparatistico, ci rendiamo facilmente conto che in Germania la
pena massima detentiva è sino a 20 anni di reclusione ed ancor meno
avviene in Norvegia, ove si è verificata la ben nota strage compiuta da
Breivik il 22 luglio 2011 a Oslo e ad Utoya, ove è stata causata la
morte di ben 77 persone, segno evidente che il rimedio avverso tali
gravi forma di criminalità non è costituito dalla lunghezza del periodo
che il soggetto passa in carcere, bensì dai trattamenti che può ricevere
ai fini della sua risocializzazione. Ad ogni buon conto ed in
conclusione sul punto, va comunque ricordato che la Corte costituzionale
è giunta alla dichiarazione di illegittimità della pena dell’ergastolo,
ma solo con riferimento ai minorenni imputabili, facendo leva, in
questo caso, sul particolare significato che la rieducazione finisce con
assumere con riguardo alla protezione dell’infanzia e della gioventù,
prevista dall’art. 31 Cost.[18].
4. Giungiamo ora al clou
della nostra indagine, ovverosia quella che si basa essenzialmente sul
diritto penale comparato, dal quale emergono tutta una serie di sanzioni
penali totalmente diverse dal sistema carcero-centrico che, se
introdotte anche nel nostro sistema penale, potrebbero, a nostro
avviso, contribuire a ridurre notevolmente l’utilizzazione della pena
detentiva, in particolare carceraria, con tutto ciò che ne consegue in
ordine al sovraffollamento ed al tasso sempre maggiore dei suicidi.
a) In primo luogo sarebbe decisamente opportuno introdurre come pene principali le pene pecuniarie,
ma non come attualmente avviene, con il metodo di commisurazione c.d. a
somma complessiva, ove è soltanto a discrezione del giudice commisurare
la pena pecuniaria alla capacità economica del reo, bensì con quello
c.d. a tassi giornalieri, che da noi è stato introdotto solo con riferimento alla responsabilità da reato degli enti, ex d.lgs. n. 231/2001[19]
e, più di recente, per la pena pecuniaria come sanzione sostitutiva,
con la c.d. riforma Cartabia. Il sistema c.d. a tassi giornalieri, di
origine nord europea, risulta così configurato: il numero dei tassi è
commisurato alla gravità del fatto e all’intensità dell’elemento
psicologico, mentre l’entità del tasso è commisurata alla capacità
economica del reo. Se aggiungiamo la variante c.d. a tempo, ideata dal
giurista tedesco Juergen Baumann[20],
ciò comporta che al soggetto condannato venga periodicamente sottratta
dallo Stato una parte delle sue entrate per cui in tal modo si abbassa
stabilmente il suo standard di vita e ciò spiega perché nei
Paesi dove è stata introdotta la pena pecuniaria a tassi giornalieri,
ovverosia la Germania, l’Austria e la Gran Bretagna, nonché i Paesi del
nord Europa, si è stimato che l’85% delle pene irrogate dal giudice
penale sono pene pecuniarie e solo il 15% pene detentive. Più in
particolare il § 42 StGB prevede agevolazioni di pagamento a causa della
inesigibilità del pagamento immediato, nonché è prevista anche la
rinuncia all’esecuzione della pena pecuniaria per ragioni di equità
sociale, come, ad esempio, quando il condannato sia affetto da una
malattia grave o abbia perso il lavoro per ragioni a lui non
rimproverabili (§ 459f StPO). Pur tuttavia, esiste un aspetto del
sistema che francamente non convince e cioè quello in base al quale,
laddove il condannato non paghi la pena pecuniaria nei termini
stabiliti, ed è irrilevante se involontariamente o volontariamente, ai
sensi del § 43 StGB, il giudice esecutivo dispone la sua sostituzione
con una pena detentiva. Sotto questo profilo appare preferibile il
sistema penale italiano che infatti, in caso di insolvibilità del
condannato, prevede il lavoro di pubblica utilità, anche perché da noi
con il codice civile del 1942 fu abolita la c.d. prigione per debiti[21].
In conclusione sul punto, con l’Associazione “Nessuno tocchi Caino”
si è, infatti, stimato che, laddove fosse introdotto tale modello di
pena pecuniaria anche da noi, il numero dei detenuti scenderebbe
vistosamente in Italia da oltre 60 mila a soli 3500 circa.
b) Ovviamente, per ottenere tale
risultato, non basterebbe, però, soltanto l’introduzione della pena
pecuniaria a tassi giornalieri, in quanto la stessa dovrebbe essere
accompagnata anche dalle sanzioni interdittive intese come pene
principali, che hanno infatti dimostrato, soprattutto nei reati
economici e in quelli contro la pubblica Amministrazione, una notevole
efficacia sia general-, che special-preventiva[22],
tanto è vero che, ad es., in Francia il giudice penale già dal 1975 può
applicare, per l’appunto, come pene principali le sanzioni interdittive[23] e sulla stessa falsariga si era mosso, nel nostro Paese, il Progetto Grosso di riforma del codice penale.
c) Alle sanzioni interdittive vanno poi aggiunte le sanzioni a carattere lato sensu risarcitorio,
con le connesse questioni relative alla c.d. mediazione penale,
sanzioni che sono già state sperimentate come c.d. terzo binario, oltre,
cioè, le pene e le misure di sicurezza con successo già in diversi
ordinamenti, quali l’Inghilterra con i c.d. compensation orders, l’Austria con la taetige Reue,
ovverosia il pentimento operoso, come causa estintiva del reato, con
particolare riguardo ai reati economici di piccola e media gravità e,
infine, la Germania, con la riforma del § 46a del codice penale tedesco[24].
d) Alle sanzioni sinora descritte andrebbero poi aggiunte le c.d. pene prescrittive,
cioè comportanti un obbligo di fare, che possono risultare molto utili
sia con riguardo ai reati ambientali, in particolare con riferimento ai
delitti relativi all’inquinamento[25],
sia anche, ad es., con riguardo ai reati connessi agli stupefacenti,
perché può risultare molto utile in senso general- ma soprattutto
special-preventivo, che uno spacciatore, o anche un detentore di
notevoli quantità di sostanze stupefacenti siano obbligati, sotto il
controllo del servizio sociale, ad es., a ripulire i giardini pubblici
dalle siringhe infette.
e) Da ultimo, vanno ricordate le shame sanctions, cioè le pene della vergogna[26],
che potrebbero essere potenziate anche da noi, giacché nel nostro
sistema penale esiste soltanto la pubblicazione della sentenza penale di
condanna in uno o più giornali.
5. Merita un approfondimento a parte
la c.d. giustizia riparativa, che idealmente si collega a quella di
carattere risarcitorio anche se, nel caso della restorative justice, non si tratta di problemi economici, bensì della “intesa autore-vittima”, attraverso un percorso personologico,
diretto da un mediatore e nell’ambito dell’Ufficio di mediazione, in
modo tale che si giunga ad un superamento della tradizionale
retribuzione, verso una giustizia penale di carattere riconciliativo,
intesa come “forma della riunione di ciò che è separato”[27].
Rinviando, a questo proposito, alla disamina normativa del d.lgs. 10
ottobre 2022 n. 150, la cui entrata in vigore è stata posticipata al 30
dicembre dello stesso anno e, riguardo ai decreti attuativi attinenti
alla giustizia riparativa, al 30 giugno 2022[28], dobbiamo soprattutto rilevare, sull’onda del collega Donini[29], che la giustizia riparativa comporta una sorta di “rivoluzione copernicana” dalla pena subìta alla pena agìta.
Ciò nonostante, la restorative justice,
che non è comunque ancora entrata a regime, ha suscitato non a caso
alterne e quindi contrastanti visioni, alcune positive, ma altre assai
problematiche, soprattutto perché la pubblica opinione, alimentata dai mass-media,
non sembra ancora preparata ad accettare un percorso di “intesa
autore-vittima” sotto la direzione di un mediatore che comporta, anche
nell’ambito dell’ufficio di mediazione, un processo parallelo a quello
penale. In tale processo parallelo non hanno voce in capitolo non solo i
difensori delle parti, ma nemmeno il giudice, tanto è vero che
autorevoli esponenti della dottrina penalistica, come il collega
Oliviero Mazza, hanno più volte manifestato le loro perplessità a
livello costituzionale, per contrasto soprattutto con la presunzione
d’innocenza, di cui all’art. 27, comma 2[30]. A nostro avviso, però, le conclusioni cui giunge, in particolare, il collega Mazza appaiono troppo tranchant,
giacché comunque i colloqui avvenuti tra il presunto autore del reato e
l’altrettanto presunta vittima comunque non rifluiscono nel processo
penale e ciò, a nostro sommesso avviso, contribuisce ad attenuare il
contrasto con la presunzione di innocenza.
6. In conclusione, ci pare di aver
dimostrato come sarebbe sommamente opportuno che il legislatore, invece
di varare un decreto legge in materia penitenziaria che ha suscitato le
più aspre critiche, in particolare da parte della dottrina
processualpenalistica e non solo, ampliasse il suo sguardo a livello
comparatistico, perché nella legislazione penale e processuale penale di
importanti Paesi europei ed anche extra-europei, si possono
rinvenire quei modelli di sanzione totalmente diversi dal sistema
italiano, ancora sostanzialmente carcero-centrico, che, se fossero
introdotti anche da noi, siamo persuasi, e lo abbiamo dimostrato, ciò
contribuirebbe a diminuire notevolmente il numero della popolazione
carceraria, come, del resto, è già avvenuto da tempo in Germania ove
sussiste sì un numero di detenuti pari a 60 mila unità circa, ma con una
popolazione di oltre 80 milioni di persone ed ove la pena detentiva
viene utilizzata soltanto nel 15% dei casi. Siccome, però, la politica
criminale sinora espressa dall’attuale Governo appare sostanzialmente di
carattere populistico-sicuritario, nutriamo notevoli perplessità che un
così radicale cambiamento di regime a livello penologico possa
effettivamente attuarsi, quanto meno nel breve e nel medio periodo.
**Avvocato, Professore Emerito di diritto penale nell’Università di Foggia
(*) Il presente saggio è in corso di pubblicazione anche su Il diritto penale della globalizzazione.
[1] Cfr. il portavoce e il coordinamento della Conferenza dei garanti territoriali delle persone private della libertà,
Roma, 15 luglio 2024; ormai la questione è diventata di vibrante
attualità, tanto è vero che se ne sono occupati recentemente fra i
migliori penalisti italiani, cfr. FIANDACA G., Il carcere fuori scienza, in Diritto di Difesa, 2023, 11 ss.; PADOVANI T., La legalità dell’illegalità: il carcere, in ibid, 19 ss.; DOLCINI E., L’inferno del carcere, in ibid, 29 ss.; FLORA G., Dagli
splendori dei principi di umanità, personalità e rieducatività alle
miserie del carcere disumano, alla tragedia dei suicidi in carcere, in ibid, 43 ss.; BORTOLATO M., Carcere: uno sguardo oltre l’urgenza dei numeri, in ibid, 52 ss.; SANTANGELO A., Superare le ostatività,
[2] FOUCAULT M., Sorvegliare e Punire. Nascita della prigione,
Torino, 1976; per quanto riguarda i manicomi, altrettante istituzioni
totali, tuttavia aboliti per merito della legge Basaglia n. 180 del
1978, cui successivamente seguì anche l’abolizione degli ospedali
psichiatrici giudiziari, sostituiti dalle c.d. REMS, cfr. BASAGLIA F., L’istituzione negata, Milano, 1968; nonché, per quanto riguarda gli OPG ed il loro superamento, sia consentito il rinvio a MANNA A., L’imputabilità e i nuovi modelli di sanzione. Dalle “finzioni” giuridiche alla “terapia sociale”, Torino, 1997, spec. 79 ss.; 115 ss.; 191 ss.
[3] Cfr. per tutti, AA.VV., Pene e misure alternative nell’attuale momento storico,
Atti del Convegno del Centro nazionale di prevenzione e difesa sociale,
tenutosi a Lecce nel 1977, Milano, 1977. L’origine storica
dell’introduzione delle misure alternative deriva da un grave fatto di
cronaca che avvenne nel carcere di Porto Azzurro, riservato agli
ergastolani, che avevano preso in ostaggio un rilevante numero di
guardie carcerarie, a cui avevano minacciato di togliere loro la vita,
se non fossero giunti al più presto per trattare due grandi principi del
Foro di allora, e cioè il prof. Giuliano Vassalli e l’avv. Adolfo
Gatti, entrambi socialisti. La trattativa portò alla conseguenza per cui
l’allora Ministro della Giustizia, on. Mario Zagari, anch’egli del PSI,
si decise a varare, appunto, la riforma penitenziaria nel 1975, con le
annesse misure alternative alla detenzione.
[4] TRAPANI M., Le sanzioni penali sostitutive, Padova, 1985.
[5] Sia consentito, in argomento, il rinvio a MANNA A. – SERENI A., Diritto penale. Parte generale. Teoria e prassi, Milano, 2024, spec. 539 ss.; e 544 ss.
[6] Sulla giustizia riparativa, da ultimo, nella manualistica, FIANDACA G. – MUSCO E., Diritto penale. Parte generale,
9ᵃ, Bologna, 2024, 768 ss., con, ivi, ulteriori riferimenti
bibliografici, cui pertanto, per ulteriori approfondimenti, anche si
rinvia. V. anche FIANDACA G., Punizione, Bologna, 2024, spec. 123 ss., con riferimento proprio ai rapporti tra punizione e riparazione. Ad ogni buon conto torneremo ex professo
ad occuparci della giustizia riparativa, quando affronteremo le
sanzioni diverse dall’universo concentrazionario e, quindi, le
esperienze straniere al riguardo. In ogni caso, cfr. anche Pene sostitutive: il Protocollo applicativo ed esecutivo degli uffici giudiziari di Brindisi dopo il “Correttivo Cartabia”, in Sistema penale, 24 luglio 2024.
[7] In argomento cfr. ROMANO E., D.L. 92/2024 “Carcere Sicuro”, note sparse ad una prima lettura: nulla di straordinario, poco di necessario, scarsamente urgente, in Giustizia insieme, 9 luglio 2024; cfr. anche e soprattutto le critiche decisive ed autorevoli del collega Glauco Giostra su cui v. STELLA V., Il “decreto Carceri è solo una presa in giro”, il j’accuse di Giostra, in Il Dubbio, 2 agosto 2024.
[8] Corte cost., sent. n. 10 del 31 gennaio 2024, su cui cfr. CORLEONE F., Sandro Margara profeta del carcere dal volto umano, in L’Espresso, 26 luglio 2024, 41.
[9] MANCONI L., Carceri, l’infero e l’amnistia tabù, in La Repubblica, 10 luglio 2024, 25; ID, Il tabù della clemenza, in ibid., 24 luglio 2024, 25.
[10] BALDUCCI P., Indulto e amnistia non siano un tabù, o saremo travolti da questa tragedia, in Il Dubbio, 2 luglio 2024.
[11] AMARELLI G., Sovraffollamento carcerario: aspettando l’efficientamento delle pene sostitutive, subito un indulto proprio condizionato, in Sistema penale, 21 maggio 2024. Più in generale, sulle alternative alla detenzione, cfr. già, in particolare, GATTA G.L., Alternative al carcere, in Sistema penale, 21 marzo 2023, e la bibliografia ivi citata.
[12] VASSALLI G., Funzioni e insufficienze della pena, in RIDPP, 1961, 297 ss.; nonché anche ID., Scritti giuridici, I, Tomo 2, Milano, 1997, 1361 ss.
[13] FIANDACA G., Sub art. 27, 3° comma, in Commentario della Costituzione fond. da G. BRANCA e cont. da A. PIZZORUSSO, Art. 27-28, Rapporti civili, Bologna 1991, 222 ss. e, quivi, 237.
[14] In argomento cfr. di nuovo già l’ampia ed esaustiva ricostruzione operata da VASSALLI G., La riforma della liberazione condizionale, in Rassegna di Studi penitenziari, n. 6, novembre-dicembre 1951, nonché in ID., Scritti giuridici, etc. cit., 1185 ss.
[15] Cass. pen., Sez. I, 16/6/2021, (ud. 16/6/2021, dep. 24/11/2021), n. 43285.
[16] GALLIANI D., Una introduzione alle forme e alle criticità della pena perpetua, (Introduzione a DANUSSO C., DOLCINI E., GALLIANI D., PALAZZO F., PUGIOTTO A., RUOTOLO M., Ergastolo e diritto alla speranza. Forme e criticità del “fine pena mai”, Torino, 2024), in Sistema penale, 2 luglio 2024.
[17] JAKOBS G., Strafrecht Allgemeiner Teil: Die Grundlagen Und die Zurechnungslehre, I, Berlin, 1991; nonché nella letteratura italiana, DONINI M. – PAPA M. (a cura di), Diritto penale del nemico. Un dibattito internazionale, Milano, 2007.
[18]
Corte cost. 28 aprile 1994, n. 168; per maggiori approfondimenti
sull’ergastolo e sull’ergastolo ostativo sia comunque consentito il
rinvio a MANNA A. – SERENI A., op.cit., rispettivamente 517 ss. e 521 ss.
[19] Cfr. in argomento per tutti, PIVA D., La responsabilità degli enti ex d.lgs. n. 231/2001 tra diritto e processo, Torino, 2021, spec. 3 ss.
[20] BAUMANN J., Beschraenkungen des Lebensstandards anstatt kurzfirstiger Freiheitsstrafe, Berlin, 1968; nella letteratura tedesca sulla pena pecuniaria a tassi giornalieri cfr. JESCHECK H.H. – GREBING G., Die Geldstrafe in deutschen und ausländischen Recht, Baden Baden, 1978; nella letteratura italiana più recente GOISIS L., La pena pecuniaria. Un’indagine storica e comparata. Profili di effettività della sanzione, Milano, 2008; MIEDICO M., La pena pecuniaria. Disciplina, prassi e prospettive di riforma, Milano, 2008.
[21] Per tale ricostruzione della pena pecuniaria nell’esperienza tedesca ed anche austriaca cfr., di recente, HELFER M., Per una pena pecuniaria presente nell’ordinamento giuridico. Uno sguardo all’esperienza tedesca ed austriaca, in RIDPP, 2024, 45 ss.
[22] Cfr. a questo proposito già autorevolmente, VASSALLI G., Le interdizioni professionali e le interdizioni dall’esercizio di determinate attività,
Rapporto generale sugli aspetti giuridici al VII Congresso
internazionale di difesa sociale, Lecce, 19-24 settembre 1966, 3 ss.;
nonché in AA.VV., Les interdictions professionnelles et les interdictions d’exercer certains activités, Paris, 1969, 139 ss.; ed in ID., Scritti giuridici, etc., cit., 1455 ss. e spec. 1491 ss.
[23] Cfr. PADOVANI T., Evoluzione storica e aspetti di diritto comparato delle misure alternative, in Cass. pen., 1979, 492 ss.
[24] Cfr. di recente LUPÁRIA L. (a cura di), Lo statuto europeo delle vittime di reato – Modelli di tutela tra diritto dell’Unione e buone pratiche nazionali, Padova, 2015, 151 ss. e 159 ss.
[25] Cfr. in argomento, per tutti, AMENDOLA G., Diritto penale ambientale. Compendio pratico. Aria, acqua, rifiuti, rumore, Pisa, 2022, spec. 235 ss.
[26] In argomento, nella letteratura italiana, VISCONTI A., Teorie della pena e “shame sanctions”: una nuova prospettiva di prevenzione o caso di atavismo del diritto penale?, in Scritti in onore di Mario Romano, Napoli, 2011, I, 633 ss., con la bibliografia ivi citata.
[27] Così TILLICH P., Amore, giustizia e potere (1954), tr. it. di Galli, Milano, 1994, 66; nonché, più in generale, EUSEBI L., La Chiesa e il problema della pena – Sulla risposta al negativo come sfida giuridica e teleologica, Brescia, 2014, spec, 147 ss.
[28] Sia consentito il rinvio a MANNA A. – SERENI A., op. cit.,
714 ss., ove sono anche analizzate partitamente le norme del codice
penale, del codice di procedura penale e dell’ordinamento penitenziario
modificate nell’ottica, appunto, della giustizia riparativa; in
argomento v. ora anche CERETTI A., MANNOZZI G. MAZZUCATO C. (a cura di),
La disciplina organica della giustizia riparativa in GATTA G.L.-GIALUZ M. (dir. da), Riforma Cartabia. Le modifiche al sistema penale, IV, Torino, 2024; spec. GIALUZ M., L’innesto della giustizia riparativa nel procedimento penale, in GATTA G.L.-GIALUZ M. (dir. da), op. cit.,
169 ss., con riguardo alla presunzione d’innocenza, al diritto di
difesa, all’imparzialità del giudice ed alla funzione cognitiva del
processo.
[29] DONINI M., L’idea riparativa per un umanesimo penale, in l’Unità, 2 luglio 2023; ID., Diritto penale e processo come Legal system. I chiaroscuri di una riforma di fronte, in CASTRONUOVO D. – DONINI M. – MANCUSO E.M. – VARRASO G. (a cura di), Riforma Cartabia: la nuova giustizia penale, Milano, 2023, 1 ss. e quivi 4 ss., 18 ss., 26 ss. Per un approccio in parte diverso, v. FIANDACA G., Punizione etc., cit., 123 ss.
[30] Così MAZZA O., Il processo che verrà: dal cognitivismo garantista al decisionismo efficentista, in Arch pen. web, 22 luglio 2022, 25; ID., Così la giustizia riparativa può indebolire il ruolo del difensore e il diritto a un giusto processo, in Il Dubbio, 21 settembre 2023; nonché, fra i sostanzialisti, cfr. ZILLETTI L., Intervista sulla giustizia riparativa al prof. Fausto Giunta: “L’obiettivo
è riavvicinare le parti, ma con la riforma Cartabia i propositi perdono
di autenticità. E ne beneficia solo l’imputato”, in PQM, Il Riformista, 1° luglio 2024.