mercoledì 2 dicembre 2020

 LA CULTURA NON SI FERMA
PENSIERI RECLUSI …E OLTRE.
Antologia letteraria covid 19


La cultura non si è fermata durante il tempo del confinamento a seguito della pandemia da covid 19 e, nonostante le tante e maggiori difficoltà rispetto ad altre realtà, siamo riusciti a mantenere viva anche la cultura in carcere. Purtroppo il sistema carcerario, come quello sanitario, era impreparato a gestire una situazione così grave, proprio per quella inerzia gestionale che non ha consentito in tanti anni di concretizzare tutte quelle innovazioni che in molte circostanze erano state richieste dagli operatori e dagli esperti di entrambi i sistemi. Questa Antologia Covid 19, curata dalla sottoscritta unitamente alla sorella Rita del Grosso, dell’Ordine delle Canossiane, volontaria in carcere, nasce da un comune sentire che ci ha rese inconsapevolmente complici di uno stesso destino, sebbene in abiti e ruoli diversi, quello laico e quello religioso: condividere le pene, ma anche talvolta le gioie, con coloro che sono agli ultimi posti della fila.
L’idea di focalizzare l’attenzione degli elaborati sul periodo della pandemia da Covid 19 è nata perché abbiamo capito che forse la scrittura poteva aiutare le persone ed in particolare le persone detenute ad esternare tutti quei sentimenti reconditi che le stavano logorando e che non trovavano risposte se non nella ritorsione su se stesse, con gravi conseguenze fisiche e psichiche. Creare una sorta di diario di bordo nel periodo della pandemia è stato per molti salvifico, facendo emergere anche tanti aspetti positivi e tante potenzialità in capo a ciascuno.
I risultati sono stati sorprendenti, elaborati che hanno saputo ben rappresentare la realtà carceraria del momento ed i sentimenti che hanno coinvolto tutta la popolazione detenuta, le famiglie ed il personale del carcere. Il pensiero più devastante, diffuso tra tutti i detenuti, è stato quello di non poter veder più i familiari, la preoccupazione per la loro salute, per l’aggravarsi dei problemi economici. Nei componimenti   emerge la forte sensibilità delle persone recluse per le quali il pensiero della morte è continuo. Tutto ciò si è trasformato in rabbia, solitudine, pianto, disperazione, ma anche in tanti gesti di solidarietà che si sono concretizzati sia in donazioni di denaro sia in attività lavorative che ricreative a favore dei soggetti più colpiti dalla pandemia (produzione di mascherine, camici, cibo, ecc.). Le testimonianze di Giuseppe, di Fabrizio, di Cosimo, di Giampiero, Pino, Marta, Bruno, Roberto, Tommaso, Salvatore, Stefano, Gianluca e tanti altri che hanno attraversato la dura legge del Carcere, ma che hanno saputo resistere alla rabbia, alla vendetta, all’isolamento, ci dimostrano che la fratellanza e la solidarietà sono i vaccini più efficaci contro tutte le catastrofi globali.   Nessuno si salva da solo, come dice Papa Francesco.
Alle riflessioni dei detenuti si sono aggiunte le testimonianze di altre persone della società civile impegnate in diversi settori lavorativi, ma soprattutto persone che sono vicine al mondo dei più fragili, come insegnanti, psicologi, volontari, religiosi, ecc., le quali hanno raccontato le loro esperienze più significative durante il periodo di distanziamento e quello successivo, la loro sofferenza, il coraggio, la speranza, la resilienza.
La scrittura, ed anche tutte le altre attività culturali e ricreative, come il teatro, la musica, lo sport, ecc. sono di vitale importanza per le persone detenute, aiutandole a non essere distanti dalla realtà.
Un “grazie” anche a chi avrà cura e pazienza di leggere il Libro, il quale può essere scaricato in versione Kindle su Amazon al seguente indirizzo:

https://www.amazon.it/Pensieri-reclusi-oltre-Autori-Vari-ebook/dp/B08ZQF2PX6/ref=sr_1_1?__mk_it_IT=%C3%85M%C3%85%C5%BD%C3%95%C3%91&dchild=1&keywords=pensieri+reclusi+e+oltre&qid=1616776136&sr=8-1

Copia e incolla questo link nella barra degli indirizzi del tuo browser e non dimenticare di fare una bella recensione su Amazon!



Maria Teresa Caccavale
Ex docente carceraria-Volontaria in carcere

Ambasciatrice EPALE

Riportiamo la significativa  recensione del Libro Pensieri Reclusi da parte della Prof. Franca Taraborrelli



Reclusione e Pandemia

Reclusione e pandemia, due condizioni di limitazione del "sé" che schiacciano l'io costringendolo a coincidere con il solo se stesso, in un confronto impietoso con la dimensione della solitudine e della colpa. Selezionando tra le tante voci di cui si compone "Pensieri reclusi e oltre", le sole provenienti dai reclusi, l'impressione è quella di un'uniformità del sentire e del rappresentare. Lo spazio della reclusione - divenuto ancora più stretto nel momento in cui l'esterno è inaccessibile, sia concretamente sia come proiezione del desiderio di libertà o normalità - condiziona i pensieri, li comprime, li omologa. Le rarissime immagini che emergono dai testi non danno corpo alla realtà carceraria ma evocano costantemente il "fuori" (la casa, la famiglia, l'infanzia, il futuro, gli insegnanti e gli assistenti che vengono da fuori) o diversamente assumono tratti metaforici, archetipici, come nel caso della pagina sulla via Crucis del 2020, in cui la voce del detenuto, di fronte all'evento, non descrive la scena, il rito che si compie davanti ai suoi occhi ma riflettendo sull'immagine del Cristo che cade a terra per la terza volta, evoca le proprie  cadute, quelle dolorose ma in qualche modo necessarie dell'infanzia e quelle, da cui fatica a rialzarsi, dell'età adulta.  E' come se la realtà del carcere venisse rimossa o quantomeno compressa, ridotta alla sola dimensione dell'assenza, della privazione, della negazione, una dimensione in cui l'io più si annulla meno percepisce il dolore della mancanza di ciò che gli sarebbe necessario per esistere. Del carcere e della propria concreta esperienza del carcere non si parla: la percezione è quella di un non-luogo, di uno spazio bianco - o nero - sospeso tra il prima e il dopo di esistenze che faticano a riconoscersi e a ricomporsi. Ed è forse per questo che gli sguardi sulla pandemia che provengono dal carcere - da questo non luogo in cui l'esperienza della vita individuale è forzatamente sospesa - appaiono straniati, distanti e in questa loro distanza simili. Nei testi si ripetono parole, frasi, spesso identiche, asfittiche, incolori. È come se i pensieri fossero ridotti a formulazioni omologate, senza intimità. Lo spazio della reclusione si è fatto ancora più stretto, le sbarre ti stanno addosso, le parole prendono forme prevedibili, non procedono dall'interno ma dall'esterno e si appiattiscono sull'io che non respira e senza respiro si consegna al foglio bianco recitando il mantra dell'"andrà tutto bene".

L'esterno, nel presente della pandemia, è divenuto piatto, vuoto, indecifrabile. Il recluso non lo riconosce perché non lo conosce, non ne ha esperienza se non attraverso un filtro mediatico. Non è più lo spazio noto del ricordo, della nostalgia, degli affetti, delle presenze familiari, lo spazio verso cui tendere e proiettare il se stesso del futuro. Ora è uno spazio respingente ed estraneo, dove esercita il potere un nemico ignoto che fa percepire le sbarre come ancora più solide, ancora più fitte. Ti ricaccia indietro verso i tuoi mostri, ti costringe ad accettare la tua solitudine come unica dimensione reale, ti nega il desiderio dell'esterno ma non fa paura, almeno non per sé. La paura è per gli altri, per quelli che stanno fuori. E il Covid più che temerlo lo odi perché aggiunge sottrazione a sottrazione, assenza ad assenza, distanza a distanza. Quando si è abituati a guardare in faccia ogni giorno un nemico intimo come la consapevolezza dell'errore, il senso di colpa, il rimpianto o il lato oscuro, insondato di sé, nulla di ciò che è all'esterno incute altrettanto timore. È per questo che a prendere spazio nei Pensieri Reclusi non è il Covid, questo morbo subdolo che si manifesta per sottrazione - ti toglie l'olfatto, ti toglie il gusto, ti toglie il vigore, ti toglie il respiro - ma il desiderio di essere oltre le sbarre, il desiderio di sottrarsi all'assenza, al vuoto, alla separazione, alla solitudine e tornare ad essere vivi.

Prof. Franca Taraborrelli

martedì 20 ottobre 2020

Intervista a Pino Medile e Cosimo Rega

Il percorso di riscoperta della vita attraverso la letteratura e l'arte, raccontato direttamente da due personaggi che hanno percorso strade diverse, raggiungendo lo stesso obiettivo.

  



👉 Intervista Medile - Rega Clicca qui per il video 👈 



 

 L'IMPORTANZA DELLA FORMAZIONE E DELL'ISTRUZIONE  IN CARCERE

due storie narrate da Pino Medile e Cosimo Rega

 

             Guarda l'intervista a Pino Medile e Cosimo Rega👈(fai click qui)

                                  

 

 

                 Guarda l'intervista a Pino Medile e Cosimo Rega👈(fai click qui)


             Guarda l'intervista a Pino Medile e Cosimo Rega👈(fai click qui)


sabato 20 aprile 2019

SCRIVERE DENTRO IL CARCERE - Pubblicato su: "Città Nuova"


Scrivere dentro il carcere
20 APRILE 2019 DI MARIA TERESA CACCAVALE

·          
 Si riporta l'articolo pubblicato il 20 Aprile 2019 sulla rivista "Città Nuova" dedicato all'importanza dei laboratori di scrittura in carcere.


L’esperienza decennale di una docente sull'importanza di investire tempo e risorse per laboratori di scrittura dentro i luoghi di reclusione. Un ponte verso l’esterno e un percorso paziente di riabilitazione per la piena libertà.



Il tempo della pena diventa un tempo utile se ben utilizzato. Purtroppo ciò non sempre accade nelle carceri, perché il più delle volte le persone sono abbandonate a se stesse e non trovano possibilità di attivare quel percorso di riabilitazione che dovrebbe dare un senso alla loro restrizione.
Il carcere diventa, quindi, una prigione nella prigione, un luogo dove l’anima non trova spazio per evolversi. Dopo tanti anni di vita carceraria come docente di scuola superiore, ho avuto modo di osservare e di comprendere le dinamiche che ruotano intorno all'organizzazione degli istituti di pena e, purtroppo, ho dovuto constatare che non sempre, o meglio raramente, si tende a considerare i detenuti come persone e non come piaga sociale. E pertanto a prendersene cura.
Ho anche compreso che il vero cambiamento può avvenire solamente con una presa di coscienza delle persone, dentro e fuori il carcere, attraverso un lavoro di sensibilizzazione. Dalla mia osservazione delle tante attività che possono essere utili ai detenuti, una sicuramente riveste un ruolo importante, ed è quello della scrittura.
In tanti mi chiedevano sempre penne e quaderni come reliquie. In tanti non sapevano scrivere bene, ma dopo alcuni percorsi di istruzione, sono riusciti a scrivere, a comunicare con le loro famiglie. Vedevo la gioia nei loro occhi e si sentivano orgogliosi di questo traguardo, riacquistando un po’ di quella autostima ormai calpestata. Ecco perché oggi sono ancora più convinta che nelle carceri sono necessari dei laboratori di scrittura permanenti, al di là dei percorsi di istruzione istituzionali.
La scrittura è un ponte tra chi scrive e l’esterno, per esprimere tutto il proprio mondo, e spesso i detenuti preferiscono scrivere piuttosto che parlare, perché parlare di se è molto difficile per loro. La scrittura assume così una valenza terapeutica autentica, e chi legge può percepire molti aspetti della personalità di una persona ed aiutarla in un percorso riabilitativo. È un modo per ascoltare ciò che viene dal profondo e che non verrebbe mai espresso. Quasi tutti i detenuti parlano di sé e hanno un grande bisogno di essere ascoltati, perché purtroppo gli operatori penitenziari non hanno molto tempo per ascoltare.
La scrittura apre mondi sconosciuti e rappresenta un primo approccio verso l’amore per la conoscenza, il sapere, tanto da desiderare di frequentare i corsi di istruzione, soprattutto per quelle persone che sono inizialmente refrattarie ai corsi scolastici istituzionali. Solo con la cultura si può essere liberi veramente.
Tanti sono i laboratori presenti oggi nelle carceri italiane, ma purtroppo lasciati alla scuola o al volontariato, in modo saltuario od occasionale. È necessario, invece, istituzionalizzare questa attività. O attraverso le scuole, quale attività integrativa permanente, o attraverso associazioni che stabilmente si prendono cura di attivare e gestire i Laboratori di scrittura.

L’Autrice è ambasciatrice Epale/Indire (Istituto Nazionale di Documentazione, Innovazione e Ricerca Educativa) ente di ricerca del Ministero dell’Istruzione


sabato 30 marzo 2019

NESSUNO DEVE RIMANERE INDIETRO - Presentazione ad Amelia del libro di Suor Emma Zordan




NESSUNO DEVE RIMANERE INDIETRO
di Maria Teresa Caccavale

Ad Amelia, un luogo che ci riporta indietro nel tempo……un luogo ricco  di storia  e di arte, dove lo spirito si libera e si ritrova.









Eccoci di nuovo qui amici, con le nostre riflessioni e le nostre testimonianze sul mondo degli invisibili, degli ultimi, dello scarto umano. Sabato 30 marzo in Umbria e precisamente nella bella cittadina di Amelia (Tr), presso la Biblioteca Comunale, si è tenuto il primo incontro del progetto con il quale intendiamo  esportare all'esterno le testimonianze degli ospiti delle carceri italiane. Testimonianze raccolte nei diversi libri che ogni anno vengono pubblicati per concorrere a rendere più consapevoli i cittadini sulle dinamiche, purtroppo ancora arretrate, del sistema carcerario italiano, sul senso del Carcere oggi e sulle modalità di estinzione della pena. Soprattutto sugli stati d’animo di questa parte di umanità che difficilmente viene ascoltata. Un progetto nato dal comune sentire di due persone che, sebbene con vesti diverse, parlano la stessa lingua.  Una suora ed una laica, Suor Emma Zordan, della Congregazione delle adoratrici del Sangue di Cristo, e la sottoscritta con esperienza quasi trentennale di docenza in Carcere ed anche di volontariato. Suor Emma non mi ha mai domandato se fossi cattolica, ha solamente osservato il mio lavoro, senza chiedermi niente. Ci siamo ritrovate insieme a comprendere, a non giudicare, a sostenere, e così spontaneamente abbiamo capito che potevamo unire le nostre forze per aiutare i nostri fratelli detenuti ad uscire dal baratro, a ritrovare un po' di autostima, ad evitare il suicidio in qualche occasione. La maggior parte delle persone si limita a giudicare i fatti così come vengono rappresentati dai vari mass media, elaborando i pensieri più crudeli e vendicativi nei confronti di chi si è macchiato di crimini più o meno gravi, o di chi non ha voce né mezzi per difendersi. Proprio come successe ad Amelia a Sesto Roscio di Ameria (ora Amelia) accusato ingiustamente di parricidio nel 79 a.C. e di cui Cicerone assunse la difesa, vincendo la causa. I recenti avvenimenti ci danno conferma che l’unica nostra preoccupazione è quella della incolumità fisica e della conservazione dei nostri beni. Ma in tale contesto, siamo veramente liberi?  E chi sono i veri colpevoli, quando la vittima diventa carnefice? Siamo veramente liberi di scegliere il nostro destino? C’è una verità assoluta? Chi giudica è assolutamente imparziale e senza peccato? Molte domande ed altrettante risposte, ma la verità assoluta non esiste, ed ecco perché ci dobbiamo spingere oltre gli schemi, i giudizi ed i pregiudizi. 


Parlare di carcere non è facile, anzi direi scomodo e pesante, perché le persone pensano che sia una realtà di cui si debba occupare lo Stato con regole dure e repressive, perché in Carcere ci sono dei mostri, dei soggetti che non hanno diritti. Invece il Carcere è una realtà che appartiene a tutti, perché tutti siamo imperfetti, e passibili di sanzione, soprattutto le persone più fragili e sfortunate. Persone delle quali ci dobbiamo prendere cura, come si fa con un figlio, un genitore, un amico. Perché accanto al bene c’è anche il male e perché proprio attraverso gli ultimi riusciamo a diventare primi, come ci aveva già sapientemente ricordato il Cardinale Petrocchi nell’ ultimo incontro a Rebibbia, in occasione della presentazione del Libro “La Paura della Libertà”.



La parabola del figliol prodigo ce lo insegna. È facile fare festa per i bravi, mentre è per quelli che ritornano, che si redimono, che ammettono le loro colpe, che dobbiamo esultare. Un maestro si deve preoccupare dei più deboli, che hanno minori capacità, non di quelli più intelligenti. In Italia ci sono circa 60.000 detenuti, il 70% dei quali potrebbe essere occupato in attività lavorative di diverso genere. Dai lavori di pubblica utilità alla manutenzione degli stabili pubblici, pulizia dei giardini, servizi sociali. Lavori attraverso i quali sarebbe possibile il vero reinserimento sociale e la possibilità di riscatto. Purtroppo tutto ciò è difficilissimo perché ci sono infiniti muri da superare, soprattutto quelli burocratici e mentali.



Ringrazio l'UNITRE di Amelia per questa occasione e per le opportunità di riflessione e apprendimento non formale che offre gratuitamente a tutti , e anche l’Amministrazione del Comune di Amelia che mette a disposizione gli spazi necessari per la realizzazione degli eventi e per la
 disponibilità e sensibilità mostrata nei confronti delle tematiche affrontate, sperando che si possano  trovare opportunità di reinserimento ed accoglienza per ex detenuti anche nel territorio Amerino, così come è avvenuto per altre categorie svantaggiate . Grazie ai cittadini amerini che hanno assistito alla presentazione del IV Libro curato da Suor Emma  “La paura della Libertà” ,per l'interesse manifestato e per la partecipazione empatica. Grazie a Laura Grasso, Riccardo Cioschi, Antonella Pacifico e alle sorelle della Congregazione delle Adoratrici del sangue di Cristo che ci seguono in questa avventura. Un ringraziamento speciale al mio ex alunno Massimo, già ospite della Casa di Reclusione di Rebibbia, per il coraggio e la volontà di testimoniare dal vivo, anche con tono ironico, l’esperienza del carcere.Otto anni di carcere, di cui cinque spesi a studiare, conseguendo il diploma di tecnico dei servizi commerciali e turistici e poi, come premio di condotta, un viaggio interminabile e inquieto dalla cella alla metropolitana di Roma in occasione del primo giorno di lavoro gratuito per la città del Vaticano.



Grazie anche a tutti gli autori che hanno scritto i testi contenuti nel Libro “La paura della Libertà” ed accettato questa ulteriore sfida di Suor Emma.
“Ci sono libri da leggere in estate sotto l’ombra di un ombrellone, oppure d’inverno al tiepido calore del caminetto. Quello che si leggerà in questo libro sono racconti racchiusi in una antologia, che faranno riflettere le coscienze di coloro che non riescono ad immaginare il mondo della porta accanto. In questi racconti si sprigionano i sentimenti di uomini apparentemente forti, ma nello stesso tempo anche fragili, come le gocce dei cristalli.”(recensione di Giuseppe Medile)
Il nostro progetto si rivolge a tutti perché come diceva Giorgio Gaber La Libertà non è uno spazio libero, ma è partecipazione. Seguiteci in questa battaglia perché nessuno deve rimanere indietro.
Per adesioni al progetto potete scrivere alle seguenti e-mail:

Esportare la realtà del carcere - Suor E. Zordam - Prof. Maria Teresa Caccavale


PROGETTO  
Esportare la realtà del carcere


Il passo dall’idea al progetto è tanto breve quanto critico. Dale Carnegie ha detto: «Noi tutti possiamo fare cose che nemmeno pensiamo di poter riuscire a fare. Ma se mai rischierai, mai conoscerai il tuo potenziale». Rischiare non significa buttarsi a capofitto ma avere la lucidità di valutare ogni idea e sapervi cogliere i primi cenni di un progetto.

Un progetto non nasce a tavolino. Nasce da un desiderio di dare risposta a un bisogno. Il mio entrare nel carcere di Rebibbia non è stato né facile, né semplice. Sono entrata in punta di piedi con il cuore che mi batteva. Subito sono rimasta colpita dai volti che mi sono apparsi tristi, smunti, appassiti. Questo mi ha provocato una fitta al cuore. La molla è stata osservare un giovane, dal volto assente, triste non interessato a niente. Qui è iniziato da parte mia un ascolto attento, silenzioso, un entrare nelle ferite di ciascuno, nel comprendere il dolore, la solitudine, nell’entrare in empatia con il peso degli anni da scontare, la tristezza per la lontananza dalla propria famiglia. Passo dopo passo, ho pensato che tutto questo mondo potesse entrare in un libro. E’ nato il Concorso Letterario che attualmente è arrivato alla quinta edizione. Ma come far conoscere questo mondo ai più sconosciuto, guardato con sospetto, ghettizzato, emarginato, giudicato?

E’ nata così l’idea di esportare un’esperienza di anni vissuti accanto a tanti detenuti di varia estrazione sociale, di culture e provenienze diverse, cattolici e non, di farla entrare nelle case e nei cuori, di farla accogliere e condividere.

Ecco allora che ASC, CPPS e laici insieme si offrono a far conoscere, tra il popolo di Dio, per mezzo di parrocchie, associazioni, scuole, istituzioni varie, il mondo carcerario in tutte le sue sfaccettature. Il carcere non si riflette solamente nelle persone che ci vivono o che ci lavorano, ma riguarda tutti perché mette in luce le fragilità umane e le sue conseguenze.


Per la prima esperienza, ci troveremo ad Amelia, nell’Umbria, presso la Biblioteca Comunale L. Lama alla presenza di UNITRE (Università delle tre età) con il dottor Edoardo D’Angelo, la Prof. Maria Teresa Caccavale, autorità e gente del luogo.

Chiunque abbia intenzione di approcciarsi a questa realtà è inviato a unirsi a questo progetto, poiché la partecipazione di più figure, oltre a coprire più aree di intervento, diventerebbe testimonianza di una Chiesa in uscita, cara a Papa Francesco.

venerdì 18 gennaio 2019

Presentazione a Rebibbia del libro: PAURA DELLA LIBERTÀ curata da Suor Emma

PAURA DELLA LIBERTÀ


Venerdì 18 gennaio 2019 si è svolta presso la Casa di Reclusione di Rebibbia la premiazione del Concorso letterario curato dalla nostra instancabile Sr. Emma Zordan, Adoratrice del Sangue di Cristo, la quale oltre alle numerose attività di cui si occupa, presta servizio di volontariato presso la Casa di Reclusione di Rebibbia, fornendo sostegno e assistenza alle persone recluse, coinvolgendole nel suo laboratorio di scrittura , dando loro la possibilità di esprimere i sentimenti più reconditi, rendendoli così percettibili dal mondo fuori. E’ il quarto libro presentato da Suor Emma dal 2014 e la tematica scelta è stata una vera sfida per i detenuti : “PAURA DELLA LIBERTÀ’”. 




Cosa succede al termine della detenzione? Quali sono le aspettative e la realtà fuori del Carcere? Un Libro ricco di spunti di riflessione sui sentimenti, sulle debolezze umane, sulla responsabilità che ognuno di noi ha verso chi è più fragile, sulla misericordia che è necessario mostrare verso chi ha sbagliato. Tutti gli elaborati contenuti nel Libro esprimono chiaramente le paure che molti hanno di non essere pronti ad affrontare il mondo esterno, di trovarsi incapaci di rispondere alle richieste della società, ma soprattutto di trovare una realtà dura e difficile per le ristrettezze economiche che non consentono un sostentamento familiare sufficiente e spesso per la mancanza di affetti veri e sinceri. In una sola parola, paura del futuro. 




Suor Emma ha voluto dedicare questo volume al Dottor Stefano Ricca che è stato Direttore della Casa di Reclusione di Rebibbia dal 2009 e che ha sempre sostenuto le attività culturali e artistiche all’interno del Carcere, comprendendone la validità ai fini trattamentali. Presente Il Cardinale Giuseppe Petrocchi, uomo di grande spessore umano e culturale, il quale aveva già partecipato alla precedente edizione del Concorso, rinnovando la gratitudine per l’invito, e per la possibilità che tali circostanze ci offrono per uscire dall'ovvio e da tutto ciò che non ci permette di vedere le cose in maniera circolare.



Sottolineando inoltre l’atto di misericordia che tali incontri rappresentano sia per i detenuti, che per chi si rapporta con loro, consegnandoci brani che ci arricchiscono e responsabilizzano, dandoci la possibilità e la forza di evangelizzare il mondo proprio attraverso le sofferenze degli ultimi. Il Cardinale ha poi affrontato il tema della libertà sottolineando come la libertà sia un fatto mentale e non propriamente fisico, in quanto si può essere liberi dentro un carcere o ovunque , mentre si può essere prigionieri anche fuori dal carcere. La via della libertà è sempre aperta per cui tale esperienza deve essere accessibile ad un numero sempre maggiore di detenuti ed accolta con amore da chi legge le loro storie. La libertà non è un risultato scontato e conseguibile a basso costo, ma è meta di un cammino a tratti molto faticoso e paziente e necessita dell’aiuto di Dio. La Libertà si coniuga con la verità, è la promessa che ci rivolge Gesù: “conoscerete la verità e la verità vi farà liberi “.




Presente anche Monsignor Dario Edoardo Viganò, assessore al Dicastero per le comunicazioni del Vaticano, che dirige da anni la Pastorale all’interno delle Carceri, con la trasmissione “Il Vangelo dentro”, condotto dal giornalista del Vaticano, Davide Dionisi. Monsignor Dario Viganò, associandosi ai ringraziamenti già espressi dal Cardinale Petrocchi, ha evidenziato come la paura della libertà trovi oggi ampia diffusione, accendendo molti fari sulla condizione di disagio che vive l’umanità. Ha parlato della libertà associandola alla responsabilità ed al rischio che sempre esiste nelle scelte quotidiane, responsabilità che però ci rende uomini. La libertà per questo fa paura a tutti, ed è per questo che l’uomo deve operare una costante selezione delle proprie scelte. L’obbiettivo è quello di far uscire la divinità che è in ognuno di noi, perché Dio è parte di noi. Altro elemento importante è il perdono ed il perdonarsi per poter raggiungere la serenità del cuore.




Sono stati premiati tutti gli autori con i doni che Suor Emma ha amorevolmente impacchettato e consegnato a ciascuno di loro.
Il messaggio che gli ospiti della Casa di Reclusione ci mandano è chiaro ed evidente: aiutateci psicologicamente e materialmente per un vero reinserimento nella società, per essere accolti e amati. E’ questo che rende necessari i Laboratori di scrittura, per rielaborare il proprio vissuto, per comprendere il proprio cammino, per comunicare con gli altri e capire i bisogni di chi non ha molta voce per poterli esternare.




Grazie a Suor Emma Zordan ed a tutti coloro che si prodigano per la realizzazione di queste opere di bene. Un saluto al al gruppo della parrocchia di Allumiere che ha partecipato all’incontro, rappresentando il testo di Kafka “ LA TANA”

Prof. Maria Teresa Caccavale 
ex insegnante nel carcere di Rebibbia






L'articolo è stato pubblicato sui settimanali "MIRACOLI" e "TUTTO" del mese di Febbraio 2019